La sentenza è incentrata sul problema della decorrenza della prescrizione della malattia professionale, sull’efficacia interruttiva della lettera di messa in mora, sulla responsabilità del datore di lavoro e sulla valutazione del danno differenziale.
La Cassazione conferma che il termine prescrizionale decorre dalla data in cui l’origine professionale della malattia può ritenersi conoscibile dal lavoratore (Cassazione Civile, sez. lav., 03/05/2024, n.12013).
Il caso
ENEL ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Campobasso proponendo ricorso in Cassazione con il quale lamenta, tra le altre, la errata applicazione della decorrenza del termine prescrizionale.
Preliminarmente gli Ermellini evidenziano che la Corte molisana ha correttamente statuito in merito alla decorrenza della prescrizione dalla data in cui l’origine professionale della malattia è stata ritenuta conoscibile dal danneggiato, indipendentemente dalle valutazioni soggettive dello stesso.
L’orientamento oggettivista è del tutto superato.
Ciò posto, la Cassazione, richiamato il precedente 13806/2023. Questa sentenza, in discontinuità rispetto al filone giurisprudenziale c.d. oggettivista (che ammetteva cioè la decorrenza della prescrizione in base all’oggettiva possibilità di conoscibilità scientifica dell’eziologia professionale sulla scorta della mera manifestazione della malattia in quanto tale), ha affermato che in materia di malattia professionale non può esservi decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento (come dell’indennizzo INAIL) senza la possibilità di conoscenza dell’origine professionale della malattia in base a presunzioni riferite alla stessa vittima (o al suo erede).
Ergo, non è sufficiente la diagnosi dell’esistenza della malattia, è invece necessaria la conoscenza o la conoscibilità ragionevole, probabile, della sua eziologia professionale desumibile da presunzioni, ovvero da fatti esterni al soggetto ma certi, che secondo il modello delle presunzioni possano fungere da dati gravi, precisi e concordanti dello stesso presupposto, in quanto riferibili alla stessa vittima (come appunto la diagnosi di eziologia professionale e/o la domanda di prestazione assicurativa).
L’efficacia interruttiva della lettera di messa in mora
Chiarito e ribadito l’importante concetto sulla decorrenza della prescrizione, in continuità con il menzionato precedente di legittimità del 2023, la Suprema Corte si sofferma ad analizzare anche il contenuto che la c.d. “messa in mora” deve avere ai fini della efficacia interruttiva.
La lettera di messa in mora del lavoratore era datata 27/5/2010 e conteneva, come correttamente accertato dalla Corte di Appello, l’espressa manifestazione della volontà di far valere la sua pretesa, non vanificata dalla contestuale richiesta di formulare un’offerta risarcitoria.
La Corte chiarisce che un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione della pretesa e l’intimazione, o la richiesta, scritta di adempimento, che sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora, non assumendo rilievo ostativo al prodursi di tale effetto la prospettata alternativa di una soluzione conciliativa della vertenza.
Avv. Emanuela Foligno