Differenza tra infermità per causa di servizio e status di vittima del dovere

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La vicenda riguarda la patologia contratta da un Vigile del Fuoco per le funzioni lavorative e il riconoscimento dello status di Vittima del dovere ma entrambi i Giudici di merito rigettano la domanda e anche la Cassazione conferma (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, 18 novembre 2024, n. 29618).

La vicenda

La domanda del Vigile, in servizio dal 1957 al 1991, era tesa al riconoscimento dello status di Vittima del dovere e la tutela dell’art. 1 comma 563 della Legge n. 266 del 2005 o, in subordine, quella di cui all’art. 1 comma 564 della stessa legge.

Il Tribunale di Genova rigetta la domanda del Vigile del Fuoco e la Corte di appello di Genova conferma il primo grado.

La Corte di Genova, nel richiamare la propria giurisprudenza sul tema, ha ritenuto significativo quanto all’infondatezza della pretesa ai sensi del comma 563 dell’art. 1 della legge sopra citata che in altri casi analoghi è stato fatto riferimento invece al comma 564, così lasciando intendere la non applicazione del disposto dell’art. 1 comma 563. Sempre secondo la Corte genovese, già dalla prospettazione del ricorrente era emerso che lo stesso sarebbe stato costantemente a contatto con fibre di amianto nell’esercizio ordinario delle sue mansioni ed ha escluso che si potesse ravvisare la fattispecie prevista dal ricordato comma 563 (che prevede vi sia stato un sinistro/evento dannoso.) Quanto, invece, all’applicazione del successivo comma 564, ha escluso che fosse ravvisabile il requisito dell’esistenza di “particolari condizioni ambientali o operative” necessario per il riconoscimento del beneficio.

L’intervento della Cassazione

Il danneggiato impugna decisione in Cassazione. Viene sostenuta l’applicazione dell’art. 1 comma 564 della Legge n. 266 del 2005 potendosi ricondurre al concetto di “missione di qualunque natura” il servizio istituzionale del Vigile del Fuoco e sostenendo che il comma 564 citato appresta una tutela assistenziale a situazioni che ne sono altrimenti prive di esposizione a rischio professionale.

La Suprema Corte respinge dando seguito all’orientamento consolidatosi a partire dalla sentenza n. 29819 del 2022 con la quale, rivedendo l’orientamento espresso da Cass. n. 4238 del 2019, si è chiarita la differenza tra i presupposti per fruire dei benefici per le vittime del dovere e le situazioni fattuali rilevanti, per converso, quali mere cause di servizio.

Ovverosia si è precisato che deve sempre individuarsi una netta differenza tra lo svolgimento ordinario del servizio e le particolari condizioni ambientali od operative legate a circostanze straordinarie che generano un rischio superiore a quello proprio dei compiti di istituto.

Rapporto tra infermità per causa di servizio e status di vittima del dovere

Seguendo questa indicazione, riguardo al rapporto tra infermità per causa di servizio e status di vittima del dovere, affinché possa ritenersi che una vittima del dovere abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio non è sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio, occorrendo che questa sia legata a particolari condizioni ambientali od operative implicanti l’esistenza, o anche il sopravvenire, di circostanze straordinarie o di fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto. Pertanto, è necessario identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

Il rischio generico connesso con l’insalubrità ambientale (cui pur si ricollega il diverso sistema della responsabilità civile risarcitoria), chiarisce la Cassazione, non consente tout court l’estensione della tutela assistenziale delle vittime del dovere, ancorata ad un particolare rischio e non alla mera illegittimità delle condizioni di svolgimento del lavoro ordinario.

A tali principi si è correttamente attenuta la Corte ligure la cui decisione viene sul punto confermata.

Avv. Emanuela Foligno

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