I diritti risarcitori dei familiari della vittima di fatto illecito

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La decisione che si commenta trae origine da un decesso per una patologia epatica causata da somministrazione di emoderivati risalente all’anno 1984. Vengono scandagliati i diritti risarcitori iure proprio per la perdita del rapporto parentale con la vittima (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 27 giugno 2024, n. 17785).

Il caso giuridico

Il Tribunale di Roma rigetta la domanda risarcitoria proposta dai congiunti nei confronti del Ministero della Salute, ritenendola integralmente prescritta.

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la decisione di prime cure in punto di prescrizione del diritto al risarcimento iure hereditatis per il danno subito dal paziente, ma ha reputato non prescritti i diritti risarcitori iure proprio in capo ai ricorrenti per la perdita del rapporto parentale. Ha accertato e stimato equitativamente il danno da perdita per la morte del congiunto e ha condannato il Ministero della Salute al pagamento della somma di 165.960 euro in favore di ciascuno dei figli.

Il Ministero ricorre in Cassazione e censura la liquidazione dei danni iure proprio riconosciuta agli eredi della vittima in quanto non scomputati dall’importo corrisposto a titolo di indennizzo Legge 210.

Il ricorso in Cassazione

Contesta che la Corte d’Appello, pur avendo ritenuto che lo scomputo sia dovuto, ha respinto la richiesta motivando: “Nel presente caso il richiamato onere probatorio, in ordine all’esatto ammontare di quanto percepito dalla controparte a titolo di indennizzo, non è stato assolto dal Ministero della Salute, onde non può essere operata la pur ipotizzabile riduzione della somma liquidabile a titolo risarcitorio, conseguente allo scomputo di quanto erogato a titolo indennitario”. Sostiene, l’erroneità di tale argomentazione, poiché, nel corso del giudizio, sarebbe stata fornita la prova – perché fornita dagli stessi attori – che gli eredi del de cuius, in data successiva alla sua morte, avevano provveduto a richiedere la corresponsione dell’assegno una tantum ex art. 2 lege n. 210/1992 che, pacificamente, spetta non già alla persona danneggiata dalle trasfusioni, quanto iure proprio agli eredi.

Gli eredi della vittima contestano, invece, il mancato riconoscimento del risarcimento del danno in capo alla loro madre, moglie della vittima primaria.

Questa censura – che è fondata – attiene, in sostanza, al diritto al risarcimento che la Corte territoriale ha ritenuto mai richiesto “in vita” dalla moglie della vittima per la perdita del rapporto coniugale, essendo la vittima primaria deceduta per epatite in conseguenza di una risalente trasfusione di sangue infetto.

In particolare, la donna è deceduta nel 2008, mentre il padre è deceduto nel 1984 a seguito di trasfusione infetta, i figli avevano proposto azione di danni nel dicembre del 2009 anche in relazione al diritto della madre iure proprio, da loro preteso in via ereditaria. Ebbene, tale posta risarcitoria dovuta alla moglie, pur non richiesta giudizialmente dalla medesima è trasmissibile agli eredi come credito ereditario perché entrata nel patrimonio della de cuius.

I diritti risarcitori dei familiari

In caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascuno dei danneggiati è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale che di quello dinamico-relazionale.

Quindi, in caso di perdita del rapporto coniugale e parentale, ognuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione inclusiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata ed intensità del vissuto, nonché – come noto – alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima ed a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e dimostrare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare (Cass. 13/06/2017 n. 14655).

Nel caso a commento, i figli della vittima hanno agito oltre che iure proprio per il danno parentale subito, anche per quello subito dalla loro madre, deceduta prima dell’instaurazione del presente giudizio, che richiedono iure ereditario.

Pertanto, la Corte romana ha erroneamente escluso di riconoscere e liquidare il danno non patrimoniale subito dalla madre e richiesto dai figli quali eredi.

Respinta la censura svolta dal Ministero

Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo di cui alla L. n. 210/1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno solo se sia stato effettivamente versato o, comunque, determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum (Cass. Sez. 3, 30/08/2019, n. 21837).

Nella fattispecie, la Corte d’appello con l’affermare che il Ministero non fosse esonerato dal provare, ai fini della richiesta compensatio, non soltanto la percezione, ma anche il quantum percepito, ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali.

Avv. Emanuela Foligno

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