Anche se risulta che la colpa sia di uno dei conducenti, non può ritenersi superata la responsabilità presunta posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054, secondo comma, c.c. (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 30 maggio 2024, n. 15180).
Il caso
Il motociclista danneggiato instaura giudizio civile dinanzi al Tribunale di Macerata deducendo che il conducente del veicolo antagonista (signor F.) non avrebbe osservato non aveva osservato l’obbligo di precedenza nell’immettersi sulla Strada Provinciale luogo del sinistro, in tal modo rendendo inevitabile l’impatto tra la moto e la vettura. Nelle more l’assicurazione, versava al motociclista l’importo di 22.000 euro.
Il Tribunale riconosce il concorso di colpa del motociclista nella misura della metà e, per l’effetto, dopo aver liquidato il danno a lui spettante, concludeva che la somma già versata dalla società di assicurazione (22.000 euro) era più che sufficiente.
Invece, la Corte di Appello di Ancona ha condannato l’assicurazione al pagamento dell’ulteriore somma di 2.803,80 euro a titolo di personalizzazione del danno biologico, confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
I Giudici di Appello, per quanto di interesse, svolgono una chiara panoramica della responsabilità presunta.
La responsabilità presunta
La Corte, difatti, ha osservato che la presunzione di cui all’art. 2054, secondo comma, c.c., non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma di responsabilità presunta, dalla quale il conducente può liberarsi dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Nel caso in analisi, non era possibile attribuire l’intera responsabilità del sinistro al comportamento colpevole del conducente dell’autoveicolo, il quale non aveva rispettato il segnale di stop, in quanto il motociclista non aveva fornito la prova di avere osservato le norme sulla circolazione stradale.
A sostegno della motivazione i Giudici di appello fanno riferimento al verbale di contestazione per eccesso di velocità elevato dai Carabinieri, a carico proprio del motociclista, sottolineando che il successivo annullamento di tale sanzione da parte del Giudice di Pace non conteneva alcuna osservazione sull’effettivo comportamento di guida del conducente. In definitiva è stato ritenuto che se il motociclista avesse tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi, l’incidente avrebbe potuto essere evitato.
Inutile il ricorso in Cassazione
Il ricorrente sostiene di avere fornito la prova di osservanza delle norme sulla circolazione stradale, tramite la produzione di una consulenza tecnica di parte e della sentenza n. 819 del 2019 del Giudice di Pace di Macerata che aveva annullato il verbale elevato, per eccesso di velocità, dai militari nei suoi confronti. Aggiunge che dalle dichiarazioni testimoniali non era dato evincere alcuna sua responsabilità nella determinazione del sinistro, poiché uno dei testi aveva espresso, in realtà, non un giudizio oggettivo, quanto piuttosto la sua versione dei fatti supportata da una valutazione del tutto personale sostenendo che la moto marciasse a elevata velocità.
Innanzitutto, la S.C. sottolinea (aspramente) che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso sono giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico.
Ed ancora viene ribadito che qualora il Giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può ritenersi superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054, secondo comma, c.c., ma bisogna verificare in concreto se quest’ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta.
Nel caso specifico la Corte di merito, con un giudizio di merito non riesaminabile in Cassazione, ha affermato che l’intervenuto accertamento della responsabilità del conducente dell’autovettura non escludeva quella, concorrente, del conducente della moto. Quindi ha concluso nel senso che il motociclista non aveva dimostrato la totale correttezza del proprio comportamento, sussistendo, anzi, elementi che deponevano in senso contrario (deposizione testimoniale e verbale di violazione dei limiti di velocità, che era stato sì annullato dal Giudice di Pace, ma senza nessuna effettiva indicazione del comportamento del conducente sanzionato).
Avv. Emanuela Foligno