Mobilità del lavoratore disabile tra province, la Cassazione rinvia alla Corte di Giustizia Europea

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La Cassazione si rivolge alla Corte di Giustizia Europea in tema di mobilità del lavoratore disabile tra province (Cass. civ., sez. lav., ord. interlocutoria, 10 settembre 2024, n. 24336).

I fatti

Una docente di una scuola superiore porta in Tribunale il MIUR perché, per l’anno scolastico 2018-2019, le era stato negato il trasferimento nella sua provincia di residenza, in ragione della mancanza di posti nella sede richiesta, nonostante una invalidità superiore ai 2/3, in violazione del diritto di precedenza previsto per i disabili dall’art. 21 della L. n. 104/1992 (persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi), richiamato dall’art. 601 del D.L. n. 297 del 1994.

Il Tribunale di Mantova respinge la domanda della lavoratrice, già inserita nelle GAE della Provincia di C, assunta ex lege n. 107 del 2015 per la classe A046. E la Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 390 del 2019, rigetta l’appello della docente.

Il ricorso in Cassazione

Secondo la tesi della donna, il sistema della mobilità nella scuola pubblica, secondo cui in una prima fase sono esaminati i trasferimenti chiesti nell’ambito della provincia, e solo dopo i trasferimenti interprovinciali, facendo applicazione all’interno di ciascuna delle fasi dei fattori di precedenza dedotti dagli aspiranti (nel suo caso, la condizione di disabilità maggiore di 2/3), impedisce di rendere effettiva la tutela riconosciuta al soggetto disabile dall’art. 21, comma 2 della L. n. 104/1992.

In tale contesto, quando vengono esaminate le domande di mobilità interprovinciale, i posti in origine messi a disposizione potrebbero essere già stati coperti, per effetto delle domande di mobilità nella provincia presentate dai docenti che vi prestano servizio, vanificando così l’importanza della precedenza attribuita. La lavoratrice sostiene, pertanto, che la condizione di disabile protetta dall’ art. 21 dovrebbe far esaminare la domanda di mobilità in via prioritaria assoluta.

La Cassazione dà atto, anzitutto, che il rapporto di lavoro della docente, lavoratrice con contratto di lavoro subordinato, rientra nell’applicazione della Direttiva UE 78/2000. La legislazione statale e la contrattazione collettiva integrativa riconoscono il diritto di precedenza nella mobilità del docente disabile, con riguardo alla fattispecie del già citato art. 21. Tale disciplina si inserisce nel sistema delle procedure di mobilità, articolate per fasi in ragione delle disposizioni contrattuali che le regolano.

La normativa europea sulla mobilità del lavoratore disabile

Pertanto, sostiene la S.C., è necessario chiedere alla Corte di Giustizia Europea di definire l’esatto significato della normativa europea, atteso che il criterio apparentemente neutro della priorità della mobilità endoprovinciale, rispetto a quello tra province, può mettere in posizione di particolare svantaggio il docente che si trovi nella condizione di cui all’art. 21 rispetto al docente che non versi in questa condizione, data la progressiva riduzione dei posti disponibili.

Detto in altri termini, sorge il dubbio che tali disposizioni, finalizzate a disciplinare le operazioni di mobilità del personale su tutto il territorio nazionale, finiscano per cagionare una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori disabili.

La Direttiva UE 78/2000 ha stabilito un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, intesa come assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei fattori discriminanti, tra i quali figura anche la condizione di disabile.

A tale scopo, si stabilisce che sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno dei fattori discriminanti, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga. Sussiste, invece, discriminazione indiretta quando una disposizione un criterio o una prassi apparentemente neutri possano mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che rientrano in uno dei fattori discriminanti, rispetto a tali persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima ed i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati o necessari.

I quesiti all’attenzione della Corte di Giustizia Europea

La Corte di Cassazione quindi formula due quesiti in tema di mobilità del lavoratore disabile tra province alla Corte di Giustizia Europea.

La Suprema Corte, con l’ordinanza a commento, esterna dubbi inerenti la discriminazione indiretta sull’interpretazione dell’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE. Nello specifico Corte di Giustizia europea dovrà pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 5 “soluzioni ragionevoli per i disabili” della Direttiva 2000/78/CE, al fine di verificare se tale norma osta, oppure no, ad una normativa nazionale, quale quella italiana di cui al CCNI concernente la mobilità del personale docente, educativo ed ATA, che riconosce la precedenza al personale scolastico disabile di cui all’art. 21 della L. n. 104/1992, facendo precedere la mobilità endoprovinciale alla mobilità tra province.

Inoltre, viene chiesto alla Corte di Giustizia europea se ai sensi dell’art.2, paragrafo 2, lett. b) e i), la situazione di particolare svantaggio che potrebbe derivare da tali disposizioni nazionali per i docenti con disabilità superiore a 2/3 sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima e se i mezzi impiegati per il conseguimento delle operazioni di mobilità territoriale siano appropriati o eccedenti quanto necessario per raggiungere l’obiettivo. Infine, se tale disciplina comporti una discriminazione in danno ai suddetti docenti, che si traduce nella vanificazione, nei fatti, della riconosciuta precedenza nella procedura di mobilità perché riguarda solo la mobilità endoprovinciale e non quella tra province.

Avv. Emanuela Foligno

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