Nesso di causalità tra infortunio sul lavoro e assenze del lavoratore

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Il datore di lavoro viene condannato dalla Corte di Appello a reintegrare il dipendente perché sussiste nesso di causalità tra l’infortunio subito e le assenze del lavoratore. La Cassazione conferma la decisione di secondo grado (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, 5 giugno 2024, n. 15674).

Il licenziamento per troppe assenze del lavoratore

La Corte di Appello di Milano, in riforma della pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto, ritenendo giustificata la assenza della lavoratrice dal posto di lavoro in considerazione della sussistenza di un nesso di causalità tra l’infortunio sul lavoro subito (caduta sul pavimento del punto vendita ove era assegnata) e l’assenza per malattia e, conseguentemente, ha condannato alla reintegrazione nel posto di lavoro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2527/2020, ha accolto i primi due motivi del ricorso proposto dalla società datrice di lavoro, cassando la decisione impugnata e rinviando alla Corte di appello di Milano in diversa composizione per un nuovo esame. Nello specifico la S.C. ha rilevato che la Corte milanese, nel ritenere escluse dal periodo di comporto le assenze conseguenti all’infortunio sul lavoro occorso alla dipendente, aveva esclusivamente valutato il collegamento causale tra la patologia che aveva determinato l’assenza per malattia e l’infortunio subito, omettendo di effettuare una indagine sui profili di colpa del datore di lavoro, in tal modo erroneamente interpretando e applicando la disciplina dettata dall’art. 2110 cc.

Riassunto il giudizio da parte della lavoratrice, la Corte di Milano ha escluso ogni responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cc, essendo risultato smentito che il pavimento, al momento dell’infortunio, fosse stato poco prima trattato con oli profumati tali da renderlo scivoloso. Ha escluso la possibilità di esaminare la fattispecie ex art. 61 CCNL, esulando dal thema decidendum del giudizio di rinvio e in quanto si trattava di una questione non oggetto di esame nei precedenti gradi; ha condannato la lavoratrice alla restituzione, in favore della società, della somma netta percepita in forza della sentenza in grado di appello poi cassata con rinvio.

Il secondo giudizio di Cassazione

La lavoratrice impugna (per la seconda volta) la decisione in Cassazione.

Lamenta la mancata applicazione, da parte del Giudice del rinvio, del principio di diritto enunciato nella sentenza rescindente, per non avere indagato la Corte territoriale la fattispecie in relazione alle previsioni del CCNL sul periodo di comporto in caso di infortunio e per avere affermato che nessuna norma del CCNL era stata mai dedotta a fondamento delle ragioni di essa lavoratrice quando, invece, era stata sempre prospettata la questione se le assenze del lavoratore per infortunio andassero, o meno, computate nel periodo di comporto e, quindi, anche in relazione al CCNL Industria tessile cotoneria applicato al rapporto di lavoro.

Lamenta, inoltre, che il Giudice del rinvio avrebbe adottato la propria decisione sull’erroneo presupposto che la lavoratrice, nel giudizio di primo grado (ricorso introduttivo), aveva invocato solo una responsabilità datoriale ex art. 2087 cc.

Le censure vengono considerate tutte infondate.

Il giudizio di rinvio è a cognizione limitata, in quanto il thema decidendum è predeterminato nella precedente fase del processo nell’ambito dei capi della sentenza cassati, o da essi dipendenti, il Giudice di rinvio non può conoscere di una domanda che, pur non essendo nuova, non sia stata oggetto del ricorso per cassazione. Infatti, il giudizio di rinvio a seguito di cassazione della sentenza impugnata in sede di legittimità, disciplinato dagli artt. 392-394 c.p.c., è un processo ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, in cui non è ammessa la proposizione di nuove domande.

Le assenze del lavoratore per l’infortunio subito

Ebbene, la sentenza rescindente, nell’accogliere i primi due motivi del proposto ricorso per Cassazione, ha rilevato che la Corte territoriale aveva esclusivamente valutato il collegamento causale tra la patologia che aveva determinato l’assenza per malattia e l’infortunio subito, di effettuare una indagine sui profili di colpa del datore di lavoro, in tal modo erroneamente interpretando ed applicando la disciplina dettata dall’art. 2110 cc. In particolare, ha precisato che la Corte di merito aveva accertato che la patologia alla caviglia sinistra era causalmente e direttamente collegata all’infortunio subito nel novembre del 2010, senza svolgere però la valutazione della ricorrenza di una responsabilità datoriale nell’omissione delle misure necessarie per evitare l’evento e, dunque, tralasciando il profilo dell’inadempimento datoriale all’obbligo di protezione imposto dall’art. 2087 cc..

Questo era l’unico tema di indagine sottoposto, con il primo ricorso, alla Suprema Corte che aveva quindi limitato, in relazione a quanto statuito, il nuovo accertamento demandato alla Corte di appello. Ergo, l’eventuale accertamento della operatività dell’art. 61 CCNL avrebbe richiesto delle verifiche in punto di fatto (guarigione clinica documentata dall’apposito certificato rilasciato dall’Istituto assicuratore) che non erano mai state oggetto di contraddittorio tra le parti.

Conclusivamente, il carattere chiuso del giudizio di rinvio preclude la possibilità di sollevare in esso questioni rilevabili, e non rilevate, nei precedenti gradi di talché la Corte di Milano, essendosi adeguata ai principi sopra menzionati, non è incorsa in alcuna delle violazioni di legge denunciate.

Avv. Emanuela Foligno

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