Il regresso cui ha diritto l’assicuratore solvente in caso di assicurazione plurima è proporzionale all’indennizzo.
In sintesi la Cassazione statuisce che “Quando vengono stipulate più assicurazioni a copertura dello stesso rischio senza l’accordo degli assicuratori (cd. assicurazione plurima), l’assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri, ex art. 1910, comma 4 c.c., in misura proporzionale all’indennizzo contrattualmente dovuto da ciascuno degli altri assicuratori” (Cassazione Civile, sez. III, 16 febbraio 2024, n. 4273).
Particolare decisione inerente plurimi contratti di assicurazione stipulati da una Clinica per la propria responsabilità civile e quella dei Sanitari.
La vicenda
La società assicuratrice A ha assicurato la responsabilità civile di una clinica e dei suoi dipendenti e, in occasione di un caso di responsabilità di uno dei sanitari, ha tenuto indenni i propri assicurati pagando il risarcimento ai terzi danneggiati. Il Medico responsabile del danno, tuttavia, ha stipulato anch’egli un’assicurazione della propria responsabilità civile con la società assicuratrice B.
Nello specifico, in occasione di un parto avvenuto all’interno della Clinica, il neonato patì lesioni permanenti. I genitori ne ascrissero la responsabilità ad uno dei Medici, il dott. P.E.L.S., e l’assicurazione A tenne indenne i propri assicurati pagando a titolo di risarcimento direttamente nelle mani dei terzi danneggiati l’importo di euro 1.502.442.
Ergo, successivamente, l’assicurazione A ha convenuto in giudizio la società B onde vedere accertato il suo diritto di regresso.
Il Tribunale di Milano rigetta la domanda, mentre in sede d’impugnazione la Corte d’Appello di Milano afferma il diritto di regresso della società A quantificandolo nella misura del 50% dell’indennizzo pagato al terzo danneggiato.
La società B impugna in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 1910 c.c., giacché la ripartizione dell’indennizzo tra gli assicuratori che hanno assunto il medesimo rischio si dovrebbe compiere in proporzione ai rispettivi massimali assicurati e non agli indennizzi dovuti.
L’analisi della Cassazione e l’accoglimento della tesi della proporzionalità dell’indennizzo
In sintesi, la S.C. deve stabilire in che misura debba determinarsi il regresso fra gli assicuratori nell’ipotesi prevista all’art. 1910, comma 4, c.c. quando uno degli assicuratori abbia pagato per l’intero.
Sulla questione sussistono due tesi:
- La tesi della proporzionalità al massimale. Un primo orientamento ritiene che la quota di danno a carico di ciascun assicuratore, e quindi di regresso cui ha diritto l’assicuratore solvente, è da calcolare in modo proporzionale al massimale garantito. Pertanto la misura del regresso è data dal prodotto del danno causato dal sinistro per il massimale, diviso la sommatoria dei massimali garantiti da tutti gli assicuratori. Tale tesi si fonda sul principio per cui l’assicuratore che garantisce il valore maggiore incassa il premio maggiore e, quindi, equamente, è tenuto a sopportare il peso maggiore.
- La tesi della proporzionalità all’indennizzo. Un altro orientamento afferma che la quota, invece, debba essere calcolata in proporzione all’indennizzo dovuto. Ne consegue che la misura del regresso è data dal prodotto tra il danno causato dal sinistro per l’indennizzo dovuto dal singolo assicuratore, diviso la sommatoria degli indennizzi dovuti da tutti gli assicuratori.
Questa seconda tesi è abbracciata dalla S.C. sia per il criterio letterale dell’art. 1910, IV comma, c.c. che stabilisce la proporzionalità del regresso all’indennità dovuta, sia per motivi logici e di ratio.
Tutte le norme della materia indicano l’indennizzo dovuto e mai il valore assicurato, o il massimale dell’assicurazione. In secondo luogo la ratio dell’art. 1910 c.c. è quella di ridurre, in presenza di più assicuratori, il peso economico del sinistro per ciascuno di essi e ciò può realizzarsi solo se il regresso è calcolato in base all’indennizzo. In terzo luogo, per logica, se il massimale fosse illimitato la quota di regresso, se la stessa fosse parametrata al massimale, sarebbe incalcolabile.
Avv. Emanuela Foligno