Accolto il ricorso di un uomo, disoccupato e tossicodipendente, finito a giudizio e condannato per il furto di un tramezzino del valore di 4 euro da un esercizio commerciale

Era stato condannato in sede di merito per il reato di furto. Nello specifico era accusato di aver compiuto “atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di un tramezzino del valore commerciale di 4 Euro”, asportandolo dagli scaffali di un supermercato; evento poi non verificatosi per via dell’intervento dell’addetto alla sicurezza che lo bloccava non appena uscito dal predetto esercizio commerciale.

L’uomo, nel ricorrere per cassazione eccepiva, tra gli altri motivi, la non corretta interpretazione da parte dei giudici del merito della definizione di “bisogno” di cui all’art. 626, n. 2, del codice penale. A suo giudizio, infatti, il furto lieve “per bisogno” sarebbe configurabile nei casi in cui il bene sottratto sia di tenue valore e sia effettivamente destinato a soddisfare un grave ed urgente bisogno.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 7546/2020, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, annullando la pronuncia impugnata con rinvio della causa alla Corte di appello, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.

I Giudici Ermellini ha effettivamente ribadito che, secondo il consolidato orientamento di legittimità, il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno. Di conseguenza per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa.

Dal Palazzaccio, inoltre, hanno precisato che nell’ordinamento processuale penale, non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore.

Nel caso in esame, la sentenza impugnata non aveva valorizzato la concreta situazione personale e soggettiva rappresentata dall’imputato (tossicodipendente e disoccupato), correlata, altresì, all’oggetto della sottrazione (un tramezzino) – oggettivamente rivelatore di un bisogno primario impellente- e al suo valore esiguo (Euro 4), limitandosi ad una motivazione del tutto apodittica.

La redazione giuridica

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