L’importante scoperta è stata illustrata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, e costituisce un grosso passo avanti nel settore delle nanotecnologie.

Un polimero che può essere agevolmente impiegato per creare degli elettrodi che siano innocui per i tessuti umani. È questa l’innovativa scoperta di un team di ricercatori della Libera Università di Bolzano, realizzata in collaborazione con colleghi del Center for Synaptic Neuroscience dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e l’Imperial College di Londra.

La scoperta è stata illustrata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.

Il progetto di ricerca si inserisce nell’ambito dello studio denominato Olimpia, sostenuto con fondi europei.

L’obiettivo di tale progetto era appunto lo sviluppo di biosensori, soluzioni tecnologiche innovative a metà strada tra neurologia ed elettronica.

Infatti, generalmente, i bioelettrodi usati in laboratorio sono realizzati in oro per l’alta conduttività elettrica e la loro compatibilità con i tessuti umani.

Tuttavia, come noto, per essere utilizzati essi devono essere fissati con uno strato adesivo a un supporto direttamente a contatto con le cellule umane. I supporti sono di solito di vetro, quarzo o plastiche biocompatibili.

Secondo Aniello Falco, ingegnere elettronico tra gli autori dello studio “il materiale adesivo finora utilizzato nei laboratori era perlopiù cromo. Questo però presenta lo svantaggio di essere citotossico”.

Così i ricercatori hanno poi lavorato alla messa a punto di un adesivo alternativo e innocuo per le cellule.

Da qui è nato il polimero chiamato SU8, una pellicola chimicamente inerte che si ammorbidisce o indurisce per mezzo di semplice luce ultravioletta.

Questo polimero consente alla pellicola di essere facilmente modellata. La lavorazione dell’SU8 avviene dunque con un semplice processo fotolitografico, a costi potenzialmente molto contenuti.

“L’SU8 – prosegue Falco – che aderisce molto meglio all’oro rispetto al cromo o al titanio, consente al tempo stesso di definire forme arbitrarie per gli elettrodi, permettendo così a quest’ultimi di leggere con maggiore dettaglio il potenziale di azione dei neuroni. Per questa ragione, i nuovi bioelettrodi possono essere sfruttati per studi più precisi sul cervello”.

Tra i vari impieghi che potrebbero esserci per i bioelettrodi composti grazie al polimero ideato dai ricercatori, c’è quello nella ricerca sull’epilessia.

Questo in quanto i bioelettrodi d’oro potrebbero essere impiantati sul cervello senza problematiche di rigetto. Inoltre, renderebbero possibili misurazioni dell’attività elettrica del cervello molto più precise ed esatte rispetto a quelle attualmente disponibili per mezzo dell’elettroencefalogramma.

Non solo. Questi bioelettrodi potrebbero avere un’applicazione anche nel campo della riabilitazione. Ad esempio nei casi di danneggiamento della retina.

“Tramite la pellicola – conclude Aniello – sarà possibile inserire chip sotto al nervo ottico con minori probabilità di rigetto, aiutando il lavoro di medici e biotecnologi impegnati a restituire alla persona la visione compromessa”.

Paolo Lugli, rettore della Libera Università di Bolzano e coautore della ricerca, ha spiegato come il risultato raggiunto si inserisca nell’attività di ricerca finalizzata “a sviluppare tecnologie innovative basate su processi di stampa”.

“Grazie ad esse – conclude Lugli – sarà possibile realizzare componenti e circuiti elettronici a basso costo, come una comune stampante inkjet, e su substrati non convenzionali come, ad esempio, plastica, vetro o carta. Oltre alle applicazioni mediche, rilevanti per l’articolo pubblicato, stiamo pensando ad altri utilizzi nel campo della sensoristica, della agricoltura di precisione o dei tessuti intelligenti”.

 

 

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