I periti hanno ravvisato  una correlazione tra presunte mancanze legate a monitoraggio preparto, tardivo intervento cesareo e decesso del bimbo, morto a poche ore dalla nascita

Ammonta a tre milioni di euro la richiesta di risarcimento avanzata dalla parte civile nell’ambito del processo che vede imputati tre sanitari a Verona. Si tratta, nello specifico, di un medico e due infermiere di un Ospedale della provincia veneta. Gli operatori del nosocomio sono finiti a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per il decesso di un neonato, morto a poche ore dalla nascita.

La vicenda, risalente al dicembre del 2015, è resa ancor più tragica dal decesso  della mamma, una dottoressa vicentina di 34 anni. La donna, all’ottavo mese di gravidanza e con un cesareo già programmato, era caduta in casa il giorno dell’antivigilia di Natale. Era quindi stata ricoverata per dei controlli e successivamente dimessa, ma il giorno di Natale era tornata in Ospedale accusando febbre alta e dolori. Nel giro di poche ore il suo quadro clinico era precipitato a causa di una violenta emorragia interna.

I medici la sottoposero a un taglio cesareo d’urgenza per salvare la vita a lei e al piccolo. La donna, tuttavia, non sopravvisse all’intervento, mentre il neonato morì a distanza di poche ore.

Ed è proprio sul decesso del bimbo che si sono concentrate le indagini degli inquirenti. Stando alla perizia depositata al Pubblico ministero, forse il tragico epilogo si sarebbe potuto evitare. I consulenti tecnici hanno infatti ravvisato una correlazione tra presunte mancanze legate al monitoraggio preparto, tardivo intervento cesareo e morte del bambino.

ln base al capo d’imputazione ipotizzato dal pm il personale sanitario non avrebbe posto in essere una continua “sorveglianza e la valutazione del Fcf  (frequenza cardiaca fetale)” . Gli imputati, inoltre, avrebbero omesso di praticare tempestivamente il taglio cesareo. L’intervento, infatti, venne Cesareo disposto alle 14.43. Tuttavia, già alle 12.12 il tracciato cardiotocografico aveva evidenziato, secondo i periti, “una condizione patologica in grado di determinare ipossia nel feto ed evoluzioni in asfissia”.

Le accuse riguardano solamente il decesso del bimbo. Per la morte della dottoressa, invece, non sussiste alcuna ipotesi di colpa. Per gli esperti medico legali, “quand’anche il taglio cesareo fosse stato anticipato ed eseguito tempestivamente, la signora sarebbe comunque con elevata probabilità deceduta”.

I difensori degli imputati, invece, basandosi sulle consulenze di parte, sostengono che i loro assistiti fecero tutto il possibile per salvare madre e bambino. Già in sede di udienza preliminare, i legali avevano chiesto il “non luogo a procedere”. Il Gup, invece,  aveva ritenuto necessaria la verifica dibattimentale.

 

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