In base a un’indagine condotta dal Nursing Up sulla violenza nei luoghi di lavoro a danno degli infermieri, il 4% degli intervistati avrebbe riferito di essere stato minacciato con un’arma da fuoco

Violenza fisica, ma anche minacce, insulti, comportamenti tesi a umiliare o mortificare. Circa un infermiere su 10 (11%) ha subito violenza nei luoghi di lavoro nell’ultimo anno e il 4% riferisce di essere stato minacciato con un’arma da fuoco. Uno su due afferma invece di aver subito un’aggressione verbale.

Questi i principali dati che emergono da un’indagine condotta con un questionario online dal sindacato degli infermieri Nursing Up. Al sondaggio hanno risposto 1010 iscritti in 9 mesi di somministrazione, da ottobre 2018 a luglio 2019. Il 79% sono donne.

Tra gli obiettivi dell’indagine figura l’acquisizione di informazioni sul livello di violenza nei luoghi di lavoro nel settore dei servizi sanitari in Italia e l’individuazione di politiche appropriate a fronteggiare il fenomeno, sia sul piano nazionale sia internazionale.

A tal fine, il 6 agosto 2018 il Nursing Up ha ottenuto un’autorizzazione a tradurre in italiano e somministrare il Workplace Violence in the heath sector – Survey Questionnaire dell’Onu.

“Quello della violenza ai danni del personale sanitario – spiega il presidente del Nursing Up Antonio De Palma – è un’emergenza non più rinviabile. Adesso per noi infermieri è arrivato il momento di muoverci e far sapere che qualcosa non va e che bisogna agire al più presto. Una volta analizzato il fenomeno al livello italiano saremo poi in grado di confrontare la nostra situazione con quella degli altri paesi per capire criticità e problematiche specifiche, e anche trovare modelli condivisi per arginarlo”.

“Siamo preoccupati – aggiunge – ma fiduciosi che si possa trovare una soluzione efficace a questo problema partendo dal Ddl cd Antiviolenza recentemente approvato al Senato. La nostra proposta è di introdurre: la denuncia d’ufficio da parte degli enti sanitari che devono anche costituirsi parte civile nei procedimenti penali a carico degli aggressori, e la creazione di osservatori ad hoc in ogni Azienda sanitaria con il compito di monitorare il fenomeno per l’eventuale istituzione di servizi di sorveglianza h24. Ma soprattutto desidero sottolineare con forza che sul tema della violenza non possono esistere divisioni di categoria tra chi lavora nel mondo della sanità, anzi questo è il momento delle alleanze virtuose per garantire il carattere universale di uguaglianza del nostro SSN che va preservato e difeso a tutti i costi”.

In base all’indagine, la violenza fisica in quasi tutti i casi (105 su 113) si è verificata nel reparto o nella struttura di riferimento.

Nella maggior parte dei casi (77) ad opera del paziente, a seguire dai parenti del paziente (26). Lo stesso vale per la violenza verbale: circa la metà del campione (473 persone) afferma di aver subito aggressioni verbali, in circa un terzo dei casi dai pazienti, in un altro terzo dai parenti dei pazienti, con la quasi totalità degli episodi avvenuta all’interno del reparto o della struttura di riferimento.

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