Rilievo nomofilattico sollevato dalla Suprema Corte sulla questione della sostituzione del contratto assicurativo con la cosiddetta deeming clause (Cassazione Civile, sez. III, 11/04/2024, n.9851).

QBE assicurazioni e Reliance assicurazioni ricorrono in Cassazione avverso la sentenza n. 1993/21, del 3 agosto 2021, della Corte d’Appello di Bologna che ha condannato QBE a pagare all’AUSL Piacenza, a titolo di indennizzo assicurativo, la somma di 375.000 euro, oltre interessi.

I fatti

La ASL Piacenza, che aveva sottoscritto con la QBE un contratto di assicurazione on claims made basis, di durata biennale (dal 30 giugno 2006 al 30 giugno 2008), comunicava alla compagnia, in data 14 maggio 2007, la pendenza di un procedimento penale a carico di un’ostetrica propria dipendente in relazione al decesso di un neonato avvenuto il 4 febbraio 2004.

I genitori del neonato accettavano un accordo transattivo che contemplava il pagamento di complessivi 850.000 euro, dei quali 450.000 euro a carico degli assicuratori personali dell’ostetrica ed 400.000 euro a carico dell’AUSL. Quest’ultima si rivolgeva a QBE per conseguire l’indennizzo assicurativo che veniva rifiutato sul rilievo che la prima richiesta risarcitoria risultava inoltrata dai danneggiati il 10 aprile 2009 (ovverosia dopo la scadenza della copertura assicurativa in regime claims made operante anche per fatti anteriori alla stipulazione, purché non anteriori al 31 dicembre 1999), l’ASL pertanto radicava il giudizio per conseguire il pagamento dell’indennizzo.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale recepiva le difese della QBE e rigettava la domanda dell’ASL. La Corte di Appello, invece, ove interveniva Reliance quale cessionaria di un portafoglio di polizze di responsabilità medica, tra le quali quella oggetto di causa, lo accoglieva.

Secondo i Giudici di Appello, l’art. 21 delle condizioni di assicurazione, ai fini dell’esclusione dell’operatività della garanzia, equipara – alle richieste di risarcimento pervenute prima della decorrenza della polizza – gli eventi dannosi e i fatti noti al contraente al momento della stipula (tra i quali è contemplato, espressamente, l’avviso di garanzia), allo stesso modo devono ritenersi equiparate, quali circostanze ambedue idonee a determinare l’operatività della copertura, la richiesta di risarcimento del terzo e l’acquisizione da parte dell’assicurato della conoscenza di fatti. Nel concreto la ASL aveva contezza dei fatti attraverso una comunicazione del 2/5/2007 (avviso di garanzia nei confronti della ostetrica).

Il vaglio della Suprema Corte

La Cassazione viene interrogata sulla interpretazione che i Giudici di appello hanno dato delle condizioni di assicurazione, considerato che la polizza in questione “opera esclusivamente per richieste di risarcimento di danni inviate da terzi nel corso del periodo di assicurazione, purché relative a fatti avvenuti dal 31 dicembre 1999 al 30 giugno 2008” e “che in nessun modo la ricezione di un avviso di garanzia da parte di una dipendente dell’Azienda può essere confusa con la ricezione da parte dell’Azienda di una richiesta risarcitoria da parte di terzi”.

La deeming clause

La Corte di Appello, equiparando la richiesta risarcitoria del terzo alla comunicazione della ricezione di un avviso di garanzia da parte di una dipendente dell’assicurata, di fatto al modello claims made prescelto dai contraenti con una retroattività di 5 anni e mezzo, “ha arbitrariamente sostituito un contratto con la cosiddetta deeming clause, clausola in base alla quale, per l’appunto, la mera denuncia di circostanze che potrebbero determinare richieste risarcitorie determina l’operatività della copertura”.

La Suprema Corte dà atto che la questione sollevata è di rilievo nomofilattico e rinvia la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui