Una recente sentenza della Cassazione fa il punto sui rischi penali per il semplice detentore di un cane qualora un passante venga aggredito e morso dall’animale.

Se un cane aggredisce un passante, il detentore dell’animale rischia qualcosa? Con la recente sentenza n. 20102/2018 dell’8 maggio scorso, la Cassazione ha ricordato che è irrilevante che il soggetto non sia il proprietario ma un semplice detentore.

Infatti, precisano gli Ermellini, l’obbligo di custodia dell’animale sussiste in base a una relazione di semplice detenzione.

Per tale ragione, se il cane aggredisce un passante, il detentore deve adottare ogni cautela necessaria. E questo anche laddove l’animale sia generalmente mansueto.

La vicenda

Un cane si è improvvisamente avventato contro una passante mordendole il polpaccio. Il reato di lesioni colpose è dunque scattato a carico di chi lo portava a spasso, anche se non era il proprietario.

Questo ha deciso la Cassazione nel caso di specie e oggetto della sentenza in commento, con la quale ha reso definitiva l’ammenda di 400 euro a carico di un uomo per il reato di lesioni colpose ai danni di una donna, morsa a un polpaccio dal cane da lui detenuto.

L’uomo ha deciso di fare ricorso in Cassazione nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole. Obiettava, infatti, di essere non il proprietario dell’animale, ma un semplice detentore.

Ma per la Suprema Corte, la sentenza impugnata è corretta e immune da vizi di legittimità.

In materia di lesioni colpose, ricordano i giudici, la Cassazione si era già espressa in passato.

La pronuncia n. 18814/2011 afferma che “la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione, laddove la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale”.

Pertanto, per la Cassazione, la Corte di merito aveva correttamente emesso la sentenza essendo l’uomo detentore dell’animale.

L’insorgere della posizione di garanzia relativa alla custodia di un animale prescinde, infatti, dalla nozione di appartenenza.

Alla luce di tale evidenza, sono irrilevanti per i giudici sia la registrazione del cane all’anagrafe canina che l’esistenza del microchip di identificazione.

E ciò “atteso che l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 c.p. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico”.

Pertanto, la Cassazione ha confermato la condanna dell’uomo a un’ammenda di 400 euro. A essa, si aggiungono le spese processuali e 2 mila euro per la cassa delle ammende.

 

 

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