La Sidp mette in guardia dall’abuso di test che prevedono radiazioni; l’ esposizione ai raggi X non è esente da rischi

Un eccesso di esposizione ai raggi X dal dentista, a volte inutile e potenzialmente dannosa. E’ l’allarme lanciato nel corso del 20esimo Congresso nazionale della Società italiana di parodontologia e implantologia, in corso a Rimini.

Secondo gli esperti, i test che prevedono radiazioni, dall’ortopanoramica alla Tac, verrebbero eseguiti troppo spesso come screening. In tal modo i pazienti sono esposti a un eccesso di raggi. “Tac e radiografie ortopanoramiche – ammonisce la Sidp – dovrebbero essere impiegate solo dopo un’attenta valutazione clinica”. Basti pensare che con una sola Tac si assorbe circa la metà delle radiazioni di fondo naturali a cui siamo esposti nell’arco di un anno.

L’abuso di tali strumenti non è esente da conseguenze. Sottoporsi a più di un esame radiologico dentistico l’anno comporterebbe un aumento del rischio di tumori tiroidei o anche cerebrali.

“Le radiografie ai denti rappresentano uno strumento importante per mantenere la salute della bocca – premette Mario Aimetti, presidente della Sidp -; ma è bene evitare gli abusi e sforzarsi di limitare le esposizioni alle radiazioni soltanto quando servono davvero e possono tradursi in un beneficio per i pazienti. Il nostro obiettivo è richiamare a un utilizzo appropriato, limitato ai casi in cui è necessario”. Il tutto scegliendo il test meno ‘pesante’ dal punto di vista dell’esposizione a radiazioni ionizzanti”.

Ad esempio le 4 mini-Rx endorali rappresentano un ottimo test di screening di base  che comporta un’esposizione ai raggi molto bassa: la radiazione naturale di fondo a cui siamo esposti è di 8 microsievert al giorno; con 4 radiografie endorali la dose aggiuntiva è di appena 5 microsievert.

Anche l’ortopanoramica comporta una dose di radiazioni abbastanza contenuta, esponendo a 3-24 microsievert. Diverso invece è il caso delle Tac, perché quelle standard possono andare da 280 a 1400 microsievert. “Usarle come screening – sottolinea Aimetti – come purtroppo talvolta accade, significa esporre il paziente a una dose eccessiva e inutile di raggi”.

Come conciliare, quindi, il bisogno di accertamenti con la necessità di prevenire eventuali abusi?

Per Luca Landi, presidente eletto della Sidp, ci sarebbero molti modi con cui si può diminuire l’esposizione dei pazienti alle radiazioni senza compromettere l’efficacia diagnostica. Oltre all’impiego di protezioni per le aree sensibili durante il test, come il camice piombato, sarebbe importante anche ridurre al minimo l’area analizzata.

“Con un esame a piccolo e medio raggio, ovvero su 5-6 denti, su un’intera arcata o metà bocca – puntualizza Landi – ci si espone a dosaggi fra i 5 e i 600 microsievert; ma se si fa un test ad ampio raggio su tutto il cranio il dosaggio può crescere fino a 1.400 microsievert”. In un bambino ciò equivarrebbe a un’esposizione pari a quella che si avrebbe in 10 anni di radiazioni naturali di fondo.

In conclusione, dunque, il consiglio della Sidp per pazienti con una bocca sana e non a rischio è quello di effettuare non più di una mini-Rx ogni 1-2 anni da bambini; una ogni anno e mezzo-3 anni da adolescenti e una ogni 2-3 anni da adulti. Per chi ha problemi dentali il numero può crescere, ma è essenziale che il dentista prescriva l’esame diagnostico con le radiazioni ionizzanti solo quando serve davvero.

 

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