La Corte di Cassazione ha fornito precisazioni sulla imputabilità del minore e in merito ai casi in cui possa considerarsi capace di intendere e volere.

Quella dell’ imputabilità del minore è una questione ampiamente dibattuta in giurisprudenza e sul punto la Corte di Cassazione penale si è espressa con una sentenza, la n. 10478 del 2 marzo 2017.

Nello specifico, quando il minore che abbia compiuto 14 anni può considerarsi capace di intendere e volere?

Ebbene, in tema di imputabilità del minore di 18 anni, l’incapacità di intendere e di volere derivante da immaturità ha carattere relativo.

Per i giudici, insomma, richiede sempre un’indagine fondata sulla base di elementi non solo psichici ma anche sociali e culturali.

Nel caso di specie, la Corte d’appello di Palermo (sezione minori), aveva confermato la sentenza di primo grado.

Con essa, il Tribunale per i minorenni aveva condannato un minore ultraquattordicenne per i delitti di “estorsione” (art. 629 cod.pen) e di “furto” (art. art. 624 del c.p. c.p.).

Ritenendo la sentenza ingiusta, era stato fatto ricorso in Cassazione deducendo la violazione degli artt. 85 e 97 cod. pen..

Ciòin quanto, nel caso di specie, “l’aver compiuto da pochi giorni gli anni quattordici, al momento del fatto, non poteva considerarsi rilevante ai fini della ritenuta capacità di intendere e di volere dell’imputato, sia pure parziale, versando egli in una situazione sociale e familiare di minorazione, tale da escludere totalmente l’imputabilità”.

Tuttavia, la Cassazione ha deciso di rigettare il ricorso, motivando così la sua decisione.

“In tema di imputabilità del minore degli anni diciotto, l’incapacità di intendere e di volere di cui all’art. 98 cod. pen., derivante da immaturità, ha carattere relativo nel senso che richiede un’indagine fondata sulla base di elementi non solo psichici ma anche sociali e culturali, relativi all’età evolutiva, con stretto riferimento al reato commesso”.

Nello specifico, il giudice, per analizzare la capacità di intendere e volere del minore “non è tenuto a disporre apposita perizia, potendo ricavare gli elementi necessari al giudizio sulla maturità del minore, dagli atti del procedimento, nonché dal suo comportamento processuale”.

Nel caso di specie, i giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano – per la Cassazione – correttamente “ritenuto sussistente il requisito della capacità di intendere e di volere del ricorrente, (sia pure ridotta)”.

E lo avevano fatto “tenendo conto delle modalità dei fatti e della natura dei reati, posti in essere mediante violenza fisica e verbale sulle persone e sulle cose finalizzate alla coercizione e sopraffazione delle vittime, ricavandone, correttamente, argomenti per escludere che il ricorrente stesso versasse in un condizione di totale incapacità di intendere e di volere”.

Pertanto, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal ricorrente, confermando integralmente la sentenza di condanna. Lo stesso è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali.

 

 

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