In materia di inadempimento professionale dell’avvocato spetta alla parte assistita produrre in giudizio, tutti i documenti necessari a provare la sussistenza del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio subito

La vicenda

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un avvocato, innanzi al Tribunale di Napoli, volto ad ottenere la condanna della società assistita al pagamento di Euro 14.669,07, quali compensi professionali in relazione all’attività prestata nel suo interesse nell’ambito del giudizio, innanzi al TAR Lazio, avverso l’Università degli studi di Napoli.

Nel merito, la società resistente aveva dedotto l’inadempimento del mandato professionale da parte dell’attore per violazione degli obblighi professionali che aveva determinato la rottura del rapporto fiduciario, nonché la revoca di tutti gli incarichi precedentemente affidati.

Ebbene, la Corte d’Appello di Napoli ha disatteso l’eccezione di inadempimento del mandato professionale, facendo applicazione del consolidato orientamento della Suprema Corte, secondo il quale “la responsabilità del prestatore di opera intellettuale, nei confronti del proprio cliente, per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova, da parte di costui, del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente, formando oggetto di un accertamento che non è sindacabile in sede di legittimità, se correttamente motivato”.

La prova del danno

Ne consegue che il cliente che sostiene di aver subito un danno, per inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato, ha l’onere di provare: a) la difettosa o inadeguata prestazione professionale, valutata alla luce del diverso esito che avrebbe potuto avere una diversa prestazione e della difficoltà ed opinabilità della questione trattata; b) l’esistenza del danno; c) il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno.

Al riguardo, ha altresì aggiunto che nel giudizio d’appello l’appellante (nel caso di specie, il cliente) ha l’onere di produrre i documenti sui quali basa il proprio gravame o deve comunque attivarsi (in qualunque modo, anche avvalendosi della facoltà di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti: art. 76, disp. att. c.p.c.) perché tali documenti, se già prodotti in primo grado, possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello.

Nel caso in esame, la società appellante aveva omesso di provare le negligenze professionali poste in essere dall’avvocato, non avendo prodotto copia degli atti giudiziari. Tale circostanza ha portato la corte d’appello partenopea a rigettare la sua istanza e condannarla al pagamento della somma complessiva di 3.388,50 oltre IVA, C.P.A. e rimborso forfettario come per legge, a titolo di onorari per la prestazione professionale svolta in suo favore.

La redazione giuridica

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