Non è sufficiente a segnalare il restringimento della carreggiata la mera apposizione di un segnale di limite di velocità di 30 Km/h in prossimità delle transenne, ovvero di un segnale di pericolo generico sito a ben 320 metri o di un cartello “lavori” a circa un chilometro

Per tali motivi la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità per tre dipendenti della provincia di Messina, in ordine al reato di lesioni gravissime ai danni di un ciclista, il quale tuttavia, non ha visto soddisfatta la sua istanza di risarcimento perché il reato era prescritto.

La vicenda

Il 2 maggio 2018 il Tribunale di Barcellona Pozzo Di Gotto ha dichiarato responsabili tre dipendenti della Provincia di Messina, in ordine al reato di lesioni personali gravissime ai danni di un ciclista.

Questi, mentre era a bordo della sua bici, all’uscita di una curva, si imbatteva in alcune transenne (non segnalate) allocate sul margine destro della carreggiata, a causa delle quali cadeva a terra, riportando gravi lesioni al viso.

A giudizio del Tribunale, il sinistro costituiva l’esito di una situazione di pericolo dovuta alla mancata apposizione di segnaletica adeguata ad evidenziare il restringimento della carreggiata.

Sotto questo profilo, ha ritenuto la responsabilità dei tre dipendenti pubblici, nelle rispettive qualità di esecutore stradale, collaboratore professionale stradale e di Istruttore Direttivo Tecnico, tutti addetti al Servizio di Polizia Stradale della Provincia di Messina, per non avere evidenziato la specifica situazione di pericolo per la circolazione e comunque per l’omessa apposizione della segnaletica adeguata nel tratto stradale oggetto del sinistro, atteso che la segnaletica, quand’anche inizialmente apposta, sarebbe stata del tutto inidonea a preservare la sicurezza della circolazione in corrispondenza delle transenne in questione.

Il ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26085/2019 ha dichiarato, in via preliminare, l’estinzione del reato ascritto a tutti e tre gli imputati per intervenuta prescrizione.

Stante tuttavia, la presenza delle parti civili, gli Ermellini hanno dovuto valutare compiutamente i motivi di censura dedotti dai tre dipendenti pubblici ai fini delle statuizioni civili, con possibili effetti anche sulla decisione ai fini penali, qualora fosse stata riscontrata l’insussistenza dei presupposti oggettivi o soggettivi del reato, e quindi fosse accertata la mancanza di responsabilità penale, anche per insufficienza o contraddittorietà delle prove (secondo il noto insegnamento di Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009).

Ebbene i ricorsi dei tre dipendenti della provincia, erano tutti ai limiti della inammissibilità, essendo accomunati dal fatto che tutti e tre prospettavano censure di merito, contestando a vario titolo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e di secondo grado in relazione alle emergenze processuali, con specifico riferimento all’incidente stradale di cui era rimasto vittima il danneggiato.

Come noto, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giu2dice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e più adeguata” valutazione delle risultanze processuali.

Ad ogni modo, il giudice di secondo grado aveva congruamente e logicamente motivato la conferma dell’affermazione di responsabilità dei prevenuti, fondandosi sulle chiare dichiarazioni delle persone presenti ai fatti e degli operatori di polizia giudiziaria intervenuti, sulla documentazione acquisita e sui risultati della perizia espletata dall’ingegnere in sede di appello.

La decisione

Non vi erano dubbi che l’incidente si fosse verificato proprio in corrispondenza delle transenne, in un tratto caratterizzato da un restringimento della carreggiata, e che ciò avesse avuto una efficienza causale decisiva nel verificarsi dell’evento, atteso che tali transenne non furono avvistate dal ciclista.

La ragione di tale mancato avvistamento era stata razionalmente desunta (anche) dalla situazione di pericolo costituita dalla mancata apposizione di segnaletica adeguata ad evidenziare il restringimento della carreggiata, “non potendo bastare, allo scopo, la segnaletica rappresentata dalla mera apposizione di un segnale di limite di velocità di 30 Km/h in prossimità delle transenne, ovvero di un segnale di pericolo generico sito a ben 320 metri o di un cartello “lavori” a circa un chilometro”.

Ed invero, trattandosi di omessa predisposizione di segnaletica adeguata a tutela della sicurezza della circolazione stradale, gli Ermellini hanno ritenuto non pertinente l’argomento dell’insidia prospettato dai ricorrenti, posto che, per giurisprudenza costante, l’incidente stradale causato da omessa o insufficiente manutenzione della strada determina la responsabilità del soggetto incaricato del relativo servizio, il quale risponde penalmente della morte (o lesioni, come nel caso di specie) conseguita al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto, ferma restando la concorrente responsabilità dell’utente della strada, ove tenga una condotta colposa causalmente efficiente (Sez. 4, n. 3290 del 04/10/2016; Sez. 4, n. 46831 del 27/10/2011).

In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna per i tre dipendenti della provincia di Messina; ma in ogni caso, la sentenza impugnata è stata annullata, agli effetti penali, senza rinvio perché il reato era estinto per prescrizione. I ricorsi sono stati rigettati anche agli effetti civili e i ricorrenti condannati, in solido con il responsabile civile, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.

La redazione giuridica

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