Gli ultimi due trapianti di rene sono stati effettuati domenica 11 agosto, rispettivamente presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e presso l’ospedale Maggiore della Carità di Novara. 

È stato raggiunto un altro importante traguardo dalla rete di donazione e trapianto del Piemonte. Sono infatti 5000 i trapianti di rene eseguiti in questa regione: gli ultimi due sono stati effettuati domenica 11 agosto, uno presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e l’altro presso l’ospedale Maggiore della Carità di Novara. 

Gli organi provenivano da un donatore piemontese deceduto per emorragia cerebrale. A Torino il chirurgo vascolare dottor Aldo Verri e l’urologo Giovanni Pasquale con le loro équipe hanno eseguito il trapianto su un paziente in dialisi da più di 10 anni; mentre a Novara i chirurghi vascolari Carla Porta e Filippo Giacchi, assieme all’urologa Monica Zacchero lo hanno eseguito ad un ricevente che lo attendeva dal 2014. 

Questo importante risultato – si legge in una nota – è il frutto di un’intensa attività che ha preso avvio nella regione Piemonte nel 1981: il 7 novembre di quell’anno è infatti avvenuto il primo trapianto renale all’Ospedale Molinette di Torino. Dal 4 novembre 1998 i trapianti di rene sono effettuati anche presso l’ospedale di Novara. Il primo trapianto di rene su un paziente in età pediatrica è stato realizzato presso le Molinette di Torino il 21 maggio 1983. Anni dopo, nel 2000, il programma di trapianto di rene pediatrico è passato all’ospedale Infantile Regina Margherita, con il supporto chirurgico dell’équipe dell’ospedale Molinette: ad oggi su pazienti in età pediatrica sono stati effettuati 92 trapianti di rene, alcuni dei quali combinati con altri organi. 

I numeri

Tra i 5000 trapianti effettuati dai tre Centri di Trapianto di Rene attivi sul territorio regionale vi sono stati numerosi interventi complessi, come quando si trapiantano entrambi i reni ad uno stesso ricevente (190 i pazienti coinvolti), o quelli eseguiti su pazienti pediatrici molto piccoli, e ancora sono molti i trapianti di rene effettuati in combinazione con altro organo (pancreas, fegato o cuore, per un totale di 133 casi). Sono stati effettuati, inoltre, più di 300 trapianti da donatore vivente; tra questi, sono ormai pratica consolidata anche quelli in cui donatore e ricevente non sono compatibili per gruppo sanguigno AB0. 

Da alcuni anni i trapianti di rene vengono effettuati anche in pazienti che non hanno ancora iniziato la dialisi, sono chiamati “preemptive”: questi trapianti rappresentano una grande opportunità poiché hanno in genere una durata maggiore. Oggi i reni beneficiano anche della possibilità di essere perfusi prima del trapianto in apparecchiature apposite, che ne migliorano la funzione laddove necessario. Una ulteriore possibilità terapeutica per i pazienti è venuta dai donatori la cui morte è stata accertata con criteri cardiologici: i primi due trapianti di reni provenienti da tale tipologia di donatore sono stati effettuati in Piemonte il 15 giugno 2018.

Eppure, un’attività di trapianto numericamente così importante non è sufficiente a rispondere alle esigenze di coloro che aspettano un organo: oggi le persone iscritte in lista di attesa per trapianto di rene in Piemonte sono 813, di cui la metà in lista attiva, con un tempo di attesa mediano di circa un anno e mezzo. Il 29 % di questi pazienti risiedono in regioni diverse dal Piemonte.

Grazie ai grandi progressi chirurgici, immunologici e terapeutici realizzati nel tempo, i trapianti di rene prospettano ai pazienti ottimi risultati: nei trapianti fatti dal 2010 a oggi, l’84% dei reni continua a funzionare e 92% dei pazienti è ancora in vita a 5 anni dall’intervento. Questi risultati sono ancora migliori nel trapianto da vivente. E qualora il trapianto smetta di funzionare, è possibile eseguire un ulteriore trapianto: sono 657 i ritrapianti, che rappresentano più del 13% di tutti i trapianti eseguiti in Piemonte. Nel 2019 è stato eseguito anche un quinto trapianto su uno stesso ricevente. Questi dati sono da considerarsi ancor più validi, se si tiene conto dell’età sempre più anziana di donatori e riceventi.

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