La procedura di risarcimento diretto non esime la parte danneggiata dall’onere di provare la concreta sussistenza del danno, malgrado la firma sul Modello Cid del danneggiante.

La Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza depositata il 1° agosto 2018, n. 20382, ha affermato il principio di diritto secondo cui il modello CID, firmato congiuntamente dai conducenti coinvolti nel sinistro contiene una presunzione per ciò che attiene le modalità dell’incidente, ma non per quanto concerne l’entità dei danni che ne siano derivati.

I fatti.

Un’autocarrozzeria, in qualità di cessionaria del credito vantato da F. P., conveniva in giudizio, davanti al Giudice di pace di Palermo, G. D. e la sua compagnia di assicurazioni. La richiesta era che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale la F. P. aveva riportato danni alla propria vettura, cedendo il suo credito alla parte attrice.

Costituendosi in giudizio la società di assicurazione chiedeva il rigetto della domanda, mentre D. V. rimase contumace. Espletata prova per interpello e fatta svolgere una c.t.u., il Giudice di pace rigettò la domanda e la sentenza veniva impugnata dalla società attrice soccombente

Il Tribunale di Palermo rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio.

I motivi di ricorso per cassazione

L’autocarrozzeria ricorre per cassazione con atto affidato a due motivi.

Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 143 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, mentre con il secondo motivo di ricorso, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni nonché dell’art. 232 cod. proc. civ..

I due motivi sono stati trattati congiuntamente dagli Ermellini per ragioni di connessione tra loro.

La decisione della Corte…

Osserva la Corte che la sentenza impugnata è pervenuta al rigetto della domanda rilevando che la parte appellante non aveva dimostrato la fondatezza della domanda risarcitoria e ciò in quanto la dichiarazione contenuta nel modello CID, unita alle conclusioni del c.t.u. ed alla mancata risposta del D. all’interrogatorio formale, precludevano un riscontro obiettivo della pretesa risarcitoria.

Inoltre, dalla documentazione prodotta a supporto della domanda risarcitoria non era possibile ritenere dimostrato, l’ammontare del danno, né tantomeno il modello CID, limitandosi alla dicitura “tamponamento”, consentiva di collegare con il sinistro la concreta domanda risarcitoria avanzata dalla carrozzeria.

e il principio di autosufficienza

Ebbene, un ricorso così predisposto secondo la Corte di Cassazione si presenta carente da un punto di vista dell’autosufficienza, perché nulla dice sul contenuto effettivo del modello CID, né sul se e dove esso sia stato messo a disposizione della Corte.

Senza contare che il ricorso non contesta in alcun modo la motivazione della sentenza nella parte in cui essa spiega che dalla documentazione prodotta non era deducibile alcuna prova effettiva del danno patito dalla vettura.

La prova del danno.

Il secondo motivo per gli Ermellini è integralmente teso ad ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito e pur volendo tralasciare tali rilievi di inammissibilità, la presunta violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 209 del 2005 è palesemente infondata, atteso che il modello CID congiuntamente sottoscritto dai conducenti contiene una presunzione circa le modalità del sinistro, ma non sull’entità dei danni che ne siano derivati.

E sottolinea la Corte che la procedura di risarcimento diretto, prevista dall’art. 149 D. Lgs. n. 209 del 2005, non esime la parte danneggiata dall’onere della prova che è sempre tenuta a fornire in ordine alla concreta sussistenza del danno (cfr. ordinanza 20 settembre 2017, n. 21896, in tema di litisconsorzio necessario).

Su queste premesse la Corte ha rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nonché all’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Per completezza si segnalano due precedenti della Corte di Cassazione, sempre della VI Sezione Civile: l’ordinanza n. 29146 del 6 dicembre 2017, nella quale si ribadisce che “la sottoscrizione da parte di entrambi i conducenti del modello CAI, determina una presunzione, valida sino a prova contraria, del fatto che il sinistro si sia verificato con le modalità ivi indicate” e la n. 12845 del 21 giugno 2016, ove si afferma che “in tema di valutazione delle prove, nel nostro ordinamento, vige il principio del libero convincimento del giudice e non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo rimessa la valutazione delle prove al prudente apprezzamento del giudice e costituendo tale valutazione un giudizio in fatto non sindacabile in cassazione se non nei limiti del vizio di motivazione”.

Avv. Maria Teresa De Luca

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