Uno studio dei ricercatori del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale avanza una soluzione chirurgica per combattere la malattia interrompendo la via di comunicazione tra il sistema nervoso e quello immunitario

In Italia gli ipertesi sono 17 milioni; in tutto il mondo sono circa un miliardo. L’ipertensione arteriosa rappresenta la principale causa di malattie cardiovascolari provocando, solo nel nostro Paese, circa 240mila morti ogni anno. E proprio nel nostro Paese è stata individuata una nuova possibile soluzione per combatterla. La scoperta, merito dei ricercatori del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, apre prospettive terapeutiche nuove in tutti quei casi in cui le terapie attuali non sono sufficienti a riportare alla normalità i valori della pressione arteriosa. “Come sempre accade in medicina, saranno necessarie altre ricerche prima di arrivare ai pazienti”, chiarisce Giuseppe Lembo, Direttore del Dipartimento e Professore nella Facoltà di Medicina dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, evidenziando però che “la strada che abbiamo intrapreso promette molto”.

Si tratta di una soluzione chirurgica che consiste nel bloccare nella milza le comunicazioni tra sistema nervoso e sistema immunitario. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, seguendo una linea sempre più calcata a livello internazionale si basa sul ruolo che il sistema immunitario svolge nella genesi e nello sviluppo della pressione arteriosa elevata. Al centro c’è la milza: è qui, infatti, che specifiche cellule immunitarie, i linfociti T, vengono attivate per poi liberarsi nel sangue e migrare verso i compartimenti vascolari degli organi che tipicamente vengono colpiti dall’ipertensione (“organi bersaglio”). In questo modo, contribuiscono da un lato all’eziologia della condizione ipertensiva stessa, e dall’altra provocano i relativi danni.

Lo studio ha dimostrato, su modelli animali, che il processo di attivazione dei linfociti T si svolge sotto il controllo del sistema nervoso simpatico, che costituisce parte del sistema nervoso autonomo. “In medicina è noto da molto tempo – spiega la prima autrice dello studio, Daniela Carnevale, ricercatrice dell’Università Sapienza di Roma presso il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed – che l’iperattivazione del sistema simpatico è fortemente implicata nell’ipertensione, sia a livello dei compartimenti vascolari che dei reni. Con il nostro lavoro abbiamo però esplorato una strada diversa, quella legata al sistema immunitario, che vede la milza come uno dei punti chiave dove si realizza l’interazione tra i vari sistemi, contribuendo in maniera determinante all’instaurarsi della condizione ipertensiva”.

I ricercatori Neuromed hanno quindi provato a bloccare proprio la comunicazione tra il sistema nervoso simpatico e la milza. Lo hanno fatto, in modo molto selettivo, interrompendo il nervo splenico con un intervento di termoablazione (l’uso di alte temperature per distruggere tessuti). “Abbiamo visto – spiega Carnevale – che in questo modo l’attivazione e la liberazione di linfociti T dalla milza viene bloccata, inibendo così l’instaurarsi della condizione ipertensiva. Pensiamo che questi risultati possano aprire la strada ad applicazioni cliniche per tutti quei pazienti in cui le terapie attualmente usate si stiano rivelando inefficaci”.

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