Nella responsabilità per custodia qualora il danneggiato non adotti tutte le normali cautele pretendibili dalla circostanza oggettiva tale comportamento incide sull’efficienza causale del danno (Cass. Civ., Sez. VI-3, Sentenza N. 18415 del 9 luglio 2019)

La Suprema Corte torna a pronunziarsi sulla responsabilità oggettiva da custodia e sulla liquidazione del danno.

Il particolare caso portato all’attenzione degli Ermellini riguarda un automobilista che parcheggiava il proprio veicolo sopra dei dissuasori che successivamente si sollevavano e provocavano ingenti danni al veicolo.

Il proprietario del veicolo avanzava domanda risarcitoria nei confronti del Comune che veniva rigettata dal Tribunale di primo grado. Ne seguiva proposizione di Appello che vedeva invece vittorioso il danneggiato e soccombente il Comune con conseguente condanna al ristoro dei danni materiali subiti dal veicolo.

Il Comune impugnava la sentenza d’Appello e ricorreva in Cassazione dolendosi dell’errata applicazione del caso fortuito identificabile nella condotta imprudente del danneggiato che parcheggiava il veicolo sopra i dissuasori.

La Suprema Corte evidenzia l’errata applicazione dei principi del caso fortuito da parte della Corte d’Appello in quanto da un lato riconosceva che la presenza del dissuasori era segnalata,  ben visibile e riconoscibile e che la condotta del danneggiato non rispettava il Codice della Strada poiché il luogo del sinistro era inibito sia al traffico che alla sosta; dall’altro non traeva la dovuta incidenza di tali fattori sulla causazione del danno e considerava il comportamento dell’automobilista non imprevedibile e come tale non idoneo a interrompere il nesso causale tra il dissuasore e il danno materiale.

Detto in altri termini, i Giudici di legittimità ribadiscono che la responsabilità per custodia non deriva automaticamente dall’inadempimento dell’obbligo imposto dalla norma, ma dalla trasformazione del rischio in un evento dannoso il cui limite è da rinvenirsi proprio nel caso fortuito nel cui alveo è da intendersi ricompresa anche la condotta negligente del danneggiato stesso.

I Supremi Giudici quindi danno atto dell’errore commesso dalla Corte d’Appello laddove la stessa non ha dato la dovuta rilevanza giuridica alla violazione delle norme del Codice della Strada poste in essere dal danneggiato configurandosi in tal modo violazione ai dettami di cui all’art. 2051 c.c.

La sentenza d’Appello viene cassata con rinvio alla stessa Corte territoriale in diversa sezione, per l’applicazione del principio di diritto secondo cui “nella fattispecie dell’articolo 2051 c.c. la condotta del danneggiato può costituire caso fortuito o concausa dell’evento dannoso se è colposamente incauta, non occorrendo che a livello fattuale sia imprevedibile”.

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