Secondo gli Ermellini, l’email costituisce una prova se non viene disconosciuta la conformità ai fatti.

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 11606/2018 ha fatto il punto sull’utilizzo della email come prova fornendo dei chiarimenti importanti.

Ricordano gli Ermellini che ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera p), del codice dell’amministrazione digitale, l’email costituisce un “documento informatico”.

Vale a dire un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

Questo significa che si può utilizzare la email come prova anche se priva di firma, in quanto l’email rientra tra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’articolo 2712 c.c..

Per questa ragione, essa forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate. In particolare, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione si è pronunciata sulla vicenda nata da un decreto ingiuntivo, intimato per il pagamento di strumentazioni ordinate da un’azienda. Quest’ultimo era stato revocato in corso di causa per avvenuto pagamento di parte della somma in oggetto.

Ebbene, la debitrice era stata condannata al pagamento dell’importo residuo. Tale soccombenza è stata poi confermata in sede d’appello.

Nello specifico, la Corte territoriale aveva ritenuto che il contratto di fornitura intercorso fra le parti, e il conseguente credito azionato in sede monitoria, fosse stato provato dallo scambio di mail intervenuto tra i rappresentanti delle due società.

Mail che non sono state contestate “quanto alla loro provenienza e testuale contenuto”.

Pertanto, secondo il giudice a quo, la documentazione acquisita avrebbe reso superflue le ulteriori deduzioni istruttorie per prova testimoniale della debitrice opponente a decreto ingiuntivo.

Ma tale assunto è stato contestato in Cassazione.

Gli Ermellini, però, hanno ricordato che l’email rappresenta un documento informatico ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale.

Pertanto, nonostante sia priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche elencate, non tassativamente dall’art. 2712 c.c.

Dunque, è possibile utilizzare la email come prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (cfr. Cass. n. 24814/2005).

Fatto che è avvenuto nel caso di specie in cui la debitrice si era impegnata a rientrare dalla propria esposizione debitoria, che veniva ivi espressamente quantificata.

Alla luce di tali evidenze, per la Cassazione, è corretta la pronuncia della Corte territoriale circa la ripartizione dell’onere della prova. Si ritiene infatti dimostrata l’esistenza del rapporto contrattuale, nonché verificato l’importo del credito azionato col decreto ingiuntivo.

 

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