Sussiste il reato di omissione di atto d’ufficio nell’ipotesi in cui un sanitario addetto al servizio di guardia medica non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l’opportunità di richiede l’intervento del 118

La vicenda

La Corte d’appello di Trento aveva pronunciato sentenza di condanna a carico di una guardia medica, ritenuta responsabile del reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui all’art. 328 c.p., per aver indebitamente rifiutato di effettuare una visita domiciliare a una malata terminale di cancro in preda ad atroci sofferenze.

Da quanto accertato, la donna moriva dopo circa un’ora dalla richiesta di intervento formulata dal figlio, per sedare i suoi dolori, essendo nel frattempo intervenuto il 118 – che la stessa guardia medica aveva detto di far intervenire – che le aveva praticato la morfina.

La corte territoriale aveva, dunque, affermato la necessità della visita domiciliare da parte dell’imputato per verificare quale fosse il rimedio più adeguato per alleviare il dolore della paziente, ritenendo, pertanto, indebita l’indicazione da parte di quest’ultimo di rivolgersi al 118.

La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione. A detta della difesa la corte di merito aveva errato nella qualificazione giuridica del fatto contestato.

Ma il ricorso non è stato accolto perché privo di fondamento. (Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, sentenza n. 8377/2020).

La corte d’appello aveva fondato “la responsabilità dell’imputato sulla sua violazione dell’obbligo di effettuare – nelle circostanze date – la visita domiciliare per valutare di persona la situazione e verificare un possibile diverso immediato trattamento per alleviare il dolore, anche praticando iniezioni, che rientravano nella sua competenza, con farmaco in fiale diverso dalla morfina, pur a fronte della situazione di emergenza rappresentata dall’utente”. Il Giudice dell’appello aveva smentito, senza incorrere in vizi censurabili, la circostanza adottata dalla difesa secondo cui il mancato intervento del sanitario sarebbe stato causato dallo stato di agitazione del figlio della donna che non gli aveva comunicato i propri dati né il luogo dove andare, interrompendo bruscamente la telefonata; al contrario, era stato accertato che quest’ultimo avesse interrotto la telefonata proprio a causa del comportamento omissivo del sanitario, che si era limitato a suggerirgli l’opportunità di richiedere l’intervento del 118.

La decisione

Tale ragionamento ha convinto i giudici della Suprema Corte. La sentenza della corte d’appello era infatti, conforme all’orientamento di legittimità secondo il quale sussiste il reato di omissione di atto d’ufficio nell’ipotesi in cui un sanitario addetto al servizio di guardia medico non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l’opportunità di richiede l’intervento di 118 per il trasporto in ospedale, dimostrando così di essersi reso conto che la situazione denunciata richiedeva il tempestivo intervento di un sanitario (Sezione Sesta n. 35344/2008); come pure è stato affermato che integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena e si limiti a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche e a consigliare la somministrazione di altro farmaco di cui il paziente già dispone, trattandosi di intervento improcrastinabile che, in assenza di altre esigenze del servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, deve essere attuato con urgenza, valutando specificamente le peculiari condizioni del paziente. È stato chiarito che il delitto descritto nell’art. 328 c.p. è reato di pericolo, perché prescinde dalla causazione di un danno effettivo e postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione e, al riguardo, la Suprema Corte ha costantemente affermato il principio che l’esercizio del potere dovere del medico di valutare la necessità della visita domiciliare ex art. 13, comma 3, d.P.R. n. 41/1991 è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti (Sezione Sesta, n. 23817/2012).

Per queste ragioni il ricorso è stato definitivamente rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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