Indennità di accompagnamento: è l’impossibilità o la difficoltà a compiere gli atti base della vita quotidiana che permette al paziente di accedervi

Quella sulla indennità di accompagnamento è una riflessione necessaria, perché proprio giovedì scorso in tribunale un CTU è stato chiamato a chiarimenti su questo concetto dal giudice e dagli avvocati delle parti.
Il CTU aveva concluso così nella perizia:
“All’atto dei presenti accertamenti medico-legali, unitamente allo studio della documentazione sanitaria esaminata, è possibile affermare che la sig.ra. RRR, di anni 69, è affetta dalle seguenti infermità:

  1. a) Esiti CA rinofaringe con svuotamento latero cervicale dx. Chemio e radioterapia.
  2. b) Ipocusia e deficit visivo,
  3. c) Sindrome ansioso depressiva

L’entità di tali patologie rende il soggetto “invalida civile ultrasessantacinquenne al 100% con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni ed i compiti propri della sua età” a far data dalla presentazione della domanda amm.va”.
Vorrei premettere che il giudizio dato è uguale a quello della commissione USL, mentre di seguito vi spiego cosa aveva capito l’avvocato dell’attrice e cosa voleva che dovessi meglio specificare il giudice:

  • Parte attrice aveva compreso che avevo concesso l’indennità di accompagnamento dalla data della domanda amm.va;
  • Il giudice se avevo o meno rilevato i requisiti sanitari necessari per l’ottenimento del beneficio di legge.

Ossia una certezza errata da un lato e un dubbio pervasivo dall’altro.
Per la parte attrice sarebbe bastato domandarsi come con la stessa conclusione la ASL avesse rigettato il ricorso della propria assistita e per il giudice disabituarsi a vedere la conclusione ovvia e scontata del ctu che a chiare lettere deve affermare (per non essere chiamato a chiarimenti) che: “non esistono i requisiti sanitari per la concessione del beneficio di legge dell’indennità di accompagnamento”.
Semplice no?
Altro appunto. La lettura dell’obiettività riscontrata in sede di operazioni peritali era la seguente:
“ESAME OBIETTIVO:
Generale: Soggetto di anni 69 in normali condizioni generali di nutrizione e sanguificazione. Masse muscolari apparentemente normo-tonotrofiche. Deambulazione e cambi di postura nella norma. Equilibrio apparentemente normale.
Esame neuro-psichico: Accesso al colloquio normale. Orientata nello spazio e nel tempo. Umore orientato in senso depressivo con facies ipomimica”.
Con tale esame obiettivo si può mai concedere una indennità di accompagnamento?
Insomma, è necessario che tutte le parti di un processo stiano un pochino attente a queste “essenzialità” del diritto per il bene di tutte le parti coinvolte, specialmente per il bene del CTU che deve ritornare in tribunale per dare chiarimenti non necessari e “buttare” una mezza giornata di lavoro.
Per concludere, sapete quanto è stata la liquidazione della parcella per il ctu? 270€ oltre iva!
 

Dr. Carmelo Dr. Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

 
 
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5 Commenti

  1. Al di là della chiamata del ctu per “chiarimenti” – evitabili, oltre che con un maggiore sforzo da parte di parte attrice e giudice, anche attraverso una maggiore chiarezza espositiva da parte del ctu – ciò che più desta stupore è la formulazione del quesito con il quale il giudice demanda al ctu di esercitare la funzione giurisdizionale.
    Da stigmatizzare, pertanto, è la diffusa prassi di richiedere al ctu di compiere valutazioni giuridiche. Sul punto, occorre rammentare che, secondo Cassazione, Sezioni unite, 31.3.2015, n. 6495, il magistrato che confersica al consulente tecnico un incarico volto alla qualificazione giuridica dei fatti “commette l’illecito disciplinare previsto dall’art. 2, comma 1, lett. o, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, poiché affida ad altri le funzioni giudiziarie indeclinabili, ancorché egli riservi a sé la valutazione finale degli esiti della consulenza” (V. Il danno alla salute, Milano 2017, pag. 470)
    Avv. Adele Manno

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