La Corte di Cassazione ha fatto il punto sulle malformazioni fetali e sulle conseguenze giuridiche derivanti dal loro omesso riscontro

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26516 depositata il 9 novembre 2017 si è occupata delle conseguenze giuridiche che possono derivare in caso di omesso riscontro di malformazioni fetali, che non ha consentito ai futuri genitori, e in particolare alla gestante, di interrompere la gravidanza.

I fatti di causa

Due coniugi, anche in nome e per conto dei figli minori, agiscono in giudizio per ottenere il risarcimento di danni derivati dal mancato rilievo dell’esistenza di malformazioni fetali nella figlia C., nata totalmente invalida poiché affetta da displasia setto-ottica, cui era conseguitala lesione del diritto della gestante ad una procreazione cosciente e responsabile.

Convengono, pertanto, in giudizio il medico ecografista, il laboratorio di analisi, presso il quale erano state effettuate le ecografie durante la gravidanza, nonché il direttore della struttura.

Il Tribunale di Reggio Calabria condanna i convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali in favore dei coniugi e del danno non patrimoniale in favore degli stessi e del figlio O..

La Corte territoriale investita da tre distinti gravami riunisce i tre giudizi e dispone una nuova c.t.u., all’esito della quale ha accolto gli appelli e rigettato le domande di risarcimento, con compensazione integrale delle spese del doppio grado.

Hanno proposto ricorso per cassazione i coniugi, in proprio e quali tutori della figlia C. e il figlio O., affidandosi a ben sette motivi.

L’onere di allegazione di parte attrice

Con il primo motivo, i ricorrenti censurano la Corte territoriale per avere affermato che parte attrice aveva omesso di allegare un inadempimento medico qualificato in relazione al danno concretamente dedotto e rilevano di avere allegato che l’inadempimento del medico ecografista si era sostanziato “a) nella negligenza e nell’imperizia nell’espletamento dell’attività professionale specifica richiesta, consistente nell’effettuazione, corretta, delle ecografie necessarie in relazione alle circostanze del caso concreto e nella lettura, altrettanto attenta e scrupolosa, delle stesse”, nonché “b) nella conseguente omessa o difettosa informazione circa l’esistenza o il rischio concreto di anomalie o patologie del feto”; in particolare ribadiscono come sugli attori gravasse “l’onere di allegare un inadempimento del medico ecografista causalmente collegato al rilevamento della specifica patologia della “displasia setto ottica” o a specifici “segni clinici ad essa riconducibili” (malformazioni fetali), risultando sufficiente l’allegazione di un inadempimento idoneo a costituire “una causa o una concausa di una nascita rivelatasi a posteriori caratterizzata da una specifica patologia”.

Gli Ermellini ritengono che tale primo motivo svolga rilievi condivisibili, in punto di estensione degli oneri di allegazione della parte attrice, nella parte in cui censura l’affermazione della Corte sulla necessità che l’allegazione degli attori concernesse specificamente l’inadempimento costituito dal mancato riscontro della displasia setto ottica e che, di conseguenza, l’accertamento sulla sussistenza dell’inadempimento dovesse essere condotto avendo riguardo alla rilevabilità o meno di tale specifica patologia.

Secondo la Cassazione la necessità, affermata sin da Cass., S.U. n. 577/2008, dell’allegazione di un inadempimento qualificato, astrattamente idoneo a costituire causa del danno, non onera l’attore che agisca in ambito di responsabilità sanitaria della necessità di individuare specificamente la condotta omessa o l’errore commesso, essendo sufficiente che venga individuata la prestazione asseritamente mal adempiuta e che venga ipotizzato un nesso causale fra la stessa e il pregiudizio lamentato; con la conseguenza che, ove sia dedotto il mancato riscontro di malformazioni fetali, l’accertamento giudiziale deve estendersi all’esame complessivo della prestazione sanitaria dedotta in causa, senza essere circoscritto alla rilevabilità di una specifica malformazione, dal momento che ciò che rileva è la possibilità di accertare una qualsiasi malformazione grave, in funzione dell’eventuale scelta abortiva.

La Suprema Corte osserva che la censura non coglie esattamente il senso della sentenza, che, letta nel suo complesso e alla luce dell’adesione della Corte territoriale, alle risultanze della c.t.u. svolta in secondo grado, ha escluso, in ogni caso, la possibilità di rilevare l’esistenza di una malformazione, tenuto conto delle conoscenze scientifiche dell’epoca, dei limiti tecnologici delle apparecchiature utilizzate e dell’assenza di linee guida convalidate.

Le conoscenze scientifiche del tempo

Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’Appello abbia “concentrato la motivazione sulla possibilità all’epoca dei fatti di rilevare mediante esame ecografico la “displasia setto ottica”, omettendo di esaminare se il medico ecografista avesse potuto, sulla scorta delle conoscenze scientifiche del tempo e attraverso un esame ecografico condotto con la necessaria diligenza, e a prescindere dalla specifica patologia della “displasia setto ottica” rilevare segni sospetti o patologie, anche di diversa natura”, tali da indurre i coniugi a richiedere ulteriori accertamenti, così come avevano evidenziato le osservazioni svolte dal loro consulente tecnico, che trovava conferma nella stessa relazione del c.t.u., cui aveva aderito il giudice di appello.

Ebbene, anche tale motivo è ritenuto condivisibile dalla Suprema Corte, che ribadisce la rilevanza di elementi comunque “indicatori di una possibile patologia” cerebrale, ma finisce col predicare l’esistenza di tali elementi sulla base una diversa lettura delle risultanze tecniche senza individuare fatti omessi effettivamente decisivi, ossia univocamente idonei a modificare, ove esaminati, l’esito del giudizio.

L’omessa informazione sui limiti tecnici delle indagini

Con il terzo motivo, i ricorrenti censurano l’operato del giudice di secondo grado che non ha considerato che, quand’anche non fosse stata esigibile dal medico ecografista, nelle condizioni della struttura in cui operava, un’indagine perfetta ed esaustiva, la stessa avrebbe comunque dovuto informare la gestante dei limiti delle indagini effettuate, esplicitando “l’eventuale opacità e incertezza della lettura delle risultanze ecografiche, al mero fine di rendere esplicita alla paziente tale situazione, con tutti i dubbi e/o rischi connessi alla gravidanza, così ponendo (…) la paziente concretamente in grado di decidere se ed eventualmente come approfondire le indagini, alla luce delle valutazioni di natura del tutto personale”. Tale motivo è stato ritenuto inammissibile dagli Ermellini poiché introduce il tema dell’omessa informazione da parte dell’ecografista sui limiti tecnici delle proprie indagini, che risulta nuovo e, comunque, basato su un presupposto fattuale che contrasta con l’accertamento compiuto dal c.t.u. e fatto proprio dalla Corte territoriale.

Si può quindi affermare che con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione ha ammesso la rilevanza di elementi indicatori di una possibile patologia o malformazione, a condizione che la loro esistenza non si basi su solo su una diversa lettura delle risultanze tecniche, ma tenga conto di fatti omessi effettivamente decisivi, ossia univocamente idonei a modificare l’esito del giudizio.

 

 

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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