Il principio costituzionale che impone ai genitori di provvedere al mantenimento della prole non viene meno nel caso in cui questi sia pensionato e inabile al lavoro

L’ essere pensionato e inabile al lavoro non esenta il genitore dal dovere di provvedere, secondo le proprie possibilità, al mantenimento dei figli, anche maggiorenni.

Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione, sesta sezione civile,  con l’ordinanza n. 4801/2018. Gli Ermellini si sono pronunciati, nello specifico, sul ricorso presentato da un padre contro il contenuto della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il dispositivo, in particolare, aveva ridotto alla cifra di complessivi 100 euro l’assegno di mantenimento dovuto alle figlie.

Il ricorrente lamentava che il Giudice a quo non avesse tenuto in considerazione la sua condizione di pensionato e invalido al lavoro. La sua doglianza, tuttavia, non è stata condivisa dai Giudici di Piazza Cavour, che hanno respinto l’impugnazione in quanto infondata.

Per la Cassazione, infatti, il principio di solidarietà sociale deve essere bilanciato con quello che impone ai genitori di provvedere al mantenimento della prole.

Il primo, sancito dall’art. 38 della Costituzione, prevede che al pensionato sia garantito un trattamento adeguato alle sue esigenze di vita. Il secondo trova a sua volta specifica previsione nella nostra Carta fondamentale, all’art. 30 e incombe anche sui soggetti pensionati. Questi sono al contempo creditori di un trattamento pensionistico adeguato e obbligati nei confronti dei figli, secondo le proprie possibilità.

Gli Ermellini, inoltre, non hanno ritenuto di aderire neppure all’argomentazione proposta dal pensionato, relativa alla spettanza del contributo anche nei confronti della figlia maggiorenne. I Giudici del Palazzaccio, infatti, hanno precisato che l’obbligo di mantenimento della prole non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età; in base all’art.337-septies c.c., perdura fino al raggiungimento dell’indipendenza economica.

Tale affermazione vale nella misura in cui non si realizzino comportamenti di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro da parte del figlio; o ancora qualora intervenga una sua colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell’indipendenza economica. Nel caso esaminato, tuttavia, non c’era stata da parte del ricorrente nessuna eccezione in tal senso.

 

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