In tema di rapporti tra assicurato e assicuratore, la sospensione della prescrizione si verifica non già con la denuncia del sinistro, bensì con la comunicazione, efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo, all’assicuratore della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato

Il caso è quello di un giudizio di responsabilità professionale instaurato dal ricorrente contro il proprio avvocato che, a sua detta, non avrebbe correttamente adempiuto al suo mandato professionale ed in particolar modo, avrebbe determinato il venir meno del suo diritto ad essere garantito dalla compagnia assicuratrice, per avvenuta prescrizione.

La vicenda

Il giudizio era stato instaurato da due coniugi, a loro volta, chiamati a rispondere dei danni da lesioni personali cagionate ad un terzo, caduto da una bicicletta, per colpa del proprio cane.

L’azione successivamente era stata estesa al proprio difensore, che a loro detta, sarebbe venuto meno ai doveri inerenti l’esercizio della propria professione. Innanzitutto, questi si sarebbe tardivamente costituito in giudizio, così precludendo ai propri assistiti la possibilità di chiamare in causa, per essere eventualmente manlevata dalla stessa, la compagnia assicuratrice con la quale essi avevano stipulato polizza sia cd. “del capo famiglia”, sia relativa al fabbricato di loro proprietà.

Ma non soltanto. Il professionista avrebbe, altresì, “disertato” numerose udienze di quel giudizio; avrebbe, inoltre, omesso di fornirgli ogni informazione circa l’andamento dello stesso e di avvisarli sia della necessità di presentarsi a rendere interrogatorio formale, sia della possibilità – all’esito del processo, e stante la conclusione ad essi sfavorevole – di proporre appello, nei termini all’uopo previsti dalla legge. Ma quel che più avrebbe provocato la loro “ira” e quindi la volontà di rivolgersi al giudice civile, sarebbe stato il fatto di avergli fatto prescrivere il diritto ad essere garantiti dalla compagnia assicuratrice, per non avere alla stessa comunicato, tempestivamente, le richieste risarcitorie del danneggiato.

Nel merito, le eccezioni dei due ricorrenti erano state già interamente rigettate. Prima di tutto perché la loro polizza aveva ad oggetto danni al “fabbricato” e non danni provocati da animali domestici”, di talché, in ragione della non operatività della polizza, “la tempestiva chiamata in giudizio della compagnia di assicurazione (…) non avrebbe comunque garantito o manlevato gli appellanti dalla condanna al risarcimento”; e, in secondo luogo, non avrebbe, in alcun modo, potuto ipotizzarsi una responsabilità in capo al loro difensore (per aver fatto prescrivere il diritto ad essere garantiti dalla propria compagnia assicurativa), atteso che, “a seguito della denuncia di sinistro” fatta ad essa dagli coniugi, il corso della prescrizione era da ritenersi sospeso ai sensi dell’art. 2592, ultimo comma, c.c. finché il credito del danneggiato non fosse divenuto liquido ed esigibile”.

Il ricorso per Cassazione

Senza molti giri di parole, i giudici della Suprema Corte cassano immediatamente la sentenza impugnata, nella quale i giudici di merito sarebbero incorso in due gravi errori di diritto: innanzitutto, laddove hanno negato che con riferimento alla fattispecie dedotta in giudizio, sussistessero  presupposti per l’applicazione del principio di non contestazione (con riguardo all’operatività della polizza stipulata dai coniugi ricorrenti nei confronti dell’assicuratore), in secondo luogo, nell’aver riconosciuto alla denuncia del sinistro l’idoneità a sospendere il corso della prescrizione del loro diritto verso l’assicuratore a norma del comma 4 del citato art. 2952 c.c. (Cass. ord. n. 2322/18)

Quanto al primo punto, i giudici di legittimità ricordano che all’operatività del principio di non contestazione risultano sottratte solo le mere difese (Cass. Sez. Lav., sent. n. 17966/2016), tale non potendosi, nella specie, considerare la deduzione dell’inoperatività della polizza, da considerarsi, piuttosto, come fatto impeditivo della (peculiare) fattispecie di responsabilità professionale ipotizzata a carico dell’avvocato.

D’altra parte, proprio la specificità della contestazione relativa all’inesatta esecuzione della sua prestazione professionale (concernendo essa, in definitiva, la perdita dei diritto dei coniugi ad essere manlevati dal proprio assicuratore per la responsabilità civile) imponeva al legale di prendere specificamente posizione sul tema, non potendo, pertanto, egli giovarsi dell’evenienza – che preclude l’operatività del principio di non contestazione – secondo cui “a fronte di una generica deduzione” di parte attrice, “la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica” (Cass. Sez. 3, sent. 19 ottobre 2016, n. 21075, Rv. 642939-01).

La prescrizione dei crediti tra assicurato e assicuratore

Venendo invece al secondo punto, come detto, la sentenza impugnata si basa su un presupposto giuridicamente erroneo: quello secondo cui la condotta tenuta dall’avvocato, nel giudizio in cui ebbe ad assistere i ricorrenti, non avrebbe comportato la perdita del diritto degli stessi ad essere garantiti dalla loro compagnia assicuratrice.

È stato, per contro, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità che in tema di assicurazione, “alla norma generale dettata, in tema di prescrizione, dall’art. 2935 c.c. (secondo la quale la prescrizione stessa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere), viene apportata deroga dalla norma di cui all’art. 2952, quarto comma, c.c., la quale, regolando in ogni suo aspetto il rapporto tra assicurato e assicuratore, detta, altresì, la disciplina speciale della sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidità ed esigibilità del credito del terzo danneggiato; tale sospensione si verifica non già con la denuncia del sinistro, bensì con la comunicazione, efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo, all’assicuratore, della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato” (Cass. Sez. 3, sent. n. 17834/2007; in senso conforme Cass. Sez. Lav., sent.n. 3042/2012; Cass. Sez. 6-3, ord. n. 35682016).

Ebbene, osserva ancora la Corte – posto che nel caso di specie, il giudizio risarcitorio a carico dei ricorrenti era stato incardinato con atto di citazione, in assenza di chiamata in causa della compagnia assicurativa, ovvero di altri atti idonei a sospendere il corso della prescrizione dei diritti che gli odierni ricorrenti avrebbero potuto far valere nei confronti del proprio assicuratore (della cui esistenza la sentenza impugnata non dà conto), la prescrizione risulta essersi già maturata (essendo all’epoca il termine prescrizionale di durata annuale e non biennale, come da modifica apportata dall’art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito nella legge 27 ottobre 2008, n. 166).

 

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