Notificati avvisi di chiusura delle indagini anche a sette medici coinvolti in una vicenda di presunta corruzione in ambito sanitario legata all’impianto di protesi ortopediche

La Procura di Lucca ha chiuso un’inchiesta su una vicenda di presunta corruzione in ambito sanitario, legata all’impianto di protesi ortopediche. Le Fiamme Gialle del capoluogo di provincia toscano hanno notificato avvisi di conclusione delle indagini a 15 soggetti e a 4 persone giuridiche. Tra loro anche 7 medici chirurghi provenienti dall’area laziale, i responsabili di una società romagnola che si occupa della commercializzazione in Italia delle protesi ortopediche di una multinazionale francese e il rappresentante legale della società che, in virtù di un contratto di affitto, gestirebbe una clinica di Lucca.

La Guardia di Finanza avrebbe accertato, in base a quanto riferito in una nota riportata dall’Ansa, “che la società romagnola, e per essa il suo responsabile commerciale, con l’ausilio di suoi collaboratori e con l’approvazione dei vertici aziendali, in cambio dell’utilizzo esclusivo” delle protesi francesi, avrebbe “indotto i medici ortopedici operanti nel Lazio ad eseguire interventi nei confronti di loro pazienti laziali presso la clinica lucchese”.

Tale ipotesi accusatoria è stata formulata sulla base dell’esame di documentazione e comunicazioni informatiche acquisite due anni fa nel corso di perquisizioni effettuate tra Toscana e Lazio e relative a “interventi posti a carico del Servizio sanitario nazionale per l’impianto di centinaia di protesi ortopediche” nella struttura sanitaria lucchese.

Trattandosi di interventi ad ‘alta complessità’ effettuati su pazienti extra-regionali – sottolinea la Finanza – “potevano gravare sul bilancio della Regione Toscana senza alcuna limitazione”.

Per gli inquirenti, “il responsabile commerciale della società”, avallato “dai vertici aziendali, alla luce dei suoi rapporti con la clinica lucchese, riusciva così ad incrementare il fatturato societario ed i compensi personali, anche sotto forma di provvigioni erogate dalla casa di cura per ogni protesi acquistata”.

Al tempo stesso i medici laziali “vedevano moltiplicarsi le opportunità di lavoro e di guadagno, riuscendo così anche ad ottenere dalla clinica compensi mediamente più elevati”. Agli stessi medici sarebbero stati anche “offerti sistematicamente” dalla multinazionale “una serie di servizi e benefit” (viaggi, personal computer e rimborsi spese per convegni), “alcuni dei quali proprio in corrispondenza dell’effettuazione degli interventi chirurgici”.

La casa di cura, invece, avrebbe tratto “rilevanti vantaggi economici, potendo essa erogare prestazioni sanitarie, puntualmente rimborsate dall’Erario, anche a favore di pazienti extra-regionali”. A quanti avrebbero beneficiato del sistema scoperto dalle fiamme gialle, “sono stati contestati vantaggi economici, ottenuti a vario titolo, per circa 1,5 milioni di euro”.

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