Impiegata all’ospedale Gemelli una tecnica rivoluzionaria di radio ablazione consistente nel concentrare un fascio di radiazioni sul punto di origine della aritmie ventricolari

Era portatore di una grave dilatazione del cuore, residuata dopo una brutta influenza nel 2008, che poteva provocargli aritmie, potenzialmente mortali. Per questo gli era stato da tempo impiantato un defibrillatore, un apparecchio in grado di riconoscere le aritmie pericolose e di erogare una scossa elettrica in grado di interromperle.

Nel 2019, a causa della comparsa di una grave crisi ‘elettrica’ del cuore, gli era stato impiantato un defibrillatore più avanzato per lo scompenso, al fine di permettere al cuore di recuperare di contrattilità, dopo un intervento (ablazione transcatetere) di ‘bruciatura’ del nodo atrio-ventricolare, uno snodo importate del sistema elettrico del cuore che, essendo malfunzionante, gli facilitava la comparsa di aritmie.

Lo scorso febbraio, il paziente era stato nuovamente ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma, in terapia intensiva coronarica, perché il suo cuore era stato investito da una vera e propria ‘tempesta elettrica’, una tachicardia ventricolare degenerata rapidamente in fibrillazione ventricolare. I cardiologi erano riusciti a scongiurare il peggio sottoponendolo ad uno shock elettrico (cardioversione), prima che il suo cuore smettesse di battere. Ma il pericolo che l’episodio si ripetesse era molto alto.

Era dunque necessario intervenire in maniera più decisa su quel pezzetto di ventricolo. Si è dunque optato per la tecnica STAR, un sistema rivoluzionario di radio ablazione che consente di applicare con precisione millimetrica un fascio di radiazioni super-concentrate sul punto di origine delle aritmie, individuato dai cardiologi con il ‘mappaggio elettro-anatomico’.

Dimesso dall’ospedale dopo una settimana dal trattamento, l’uomo, a distanza di tre mesi, non ha avuto più disturbi.

 “Le aritmie ventricolari – spiega la dottoressa Gemma Pelargonio, responsabile UOSD di Aritmologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e ricercatore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – sono ritmi rapidi del cuore provenienti dal ventricolo; se il cuore batte troppo rapidamente, si riduce la quantità di sangue che è in grado di pompare e dunque l’afflusso di sangue al cervello e agli altri organi, una condizione che può portare a morte il paziente. A rischio di tachicardia ventricolare sono i pazienti che hanno una contrattilità ridotta del cuore (scompenso cardiaco grave) o quelli con delle cicatrici all’interno del cuore (provocano le cosiddette aritmie da rientro). In questi casi è importante agire rapidamente, proteggendo il paziente con un defibrillatore. Necessari anche i farmaci anti-aritmici, che spesso però funzionano poco on questi pazienti. E’ dunque necessario intervenire direttamente sul circuito elettrico del cuore. Si comincia mappando l’‘impianto elettrico’ del cuore, alla ricerca del punto andato in ‘corto circuito’. Una volta individuato, si cerca di interromperlo (come quando l’elettricista taglia i fili elettrici), con la cosiddetta ablazione transcatetere, “che si può fare in vari modi – spiega la dottoressa Pelargonio – utilizzando energie a radiofrequenza (che ‘bruciano’ la parte producendo calore) o al contrario con crioenergie, che bruciano col freddo. Queste procedure vengono effettuate in genere dall’interno del cuore o, più raramente, dalla superficie dell’organo. Ma spesso non basta perché il circuito elettrico guasto può non essere raggiungibile. Per una nicchia di pazienti dunque, una valida alternativa è rappresentata da una terza via, la radio ablazione, effettuata dall’esterno del corpo”.

“L’intervento di radioablazione – spiega il dottor Francesco Cellini, assistente medico con incarico di alta specializzazione in radioterapia Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – viene effettuato con il paziente sveglio (non si sente alcun dolore durante la procedura) e costantemente monitorato per i parametri vitali. Il fascio di radiazioni ultra-concentrate (‘collimate’) viene indirizzato contro il bersaglio individuato in precedenza dai cardiologi con la mappatura elettro-anatomica. L’intervento dura una mezz’ora circa. La parte più difficile consiste nel centrare costantemente con grande precisione il bersaglio, mentre il cuore si muove (l’intervento si effettua a cuore battente), senza danneggiare le strutture sane. Il sistema ‘spara’ il fascio di raggi fotonici solo quando è sicuro di colpire con precisione il bersaglio e la guida viene fornita da immagini TAC (acquisite prima di iniziare il trattamento per la ‘centratura’) e da un’immagine di riferimento tridimensionale, acquisita da uno scanner a infrarossi che monitorizza la superficie toracica del paziente durante tutta la durata del trattamento, per essere certi che il bersaglio non si sposti.

“La radioterapia – prosegue Cellini – è un trattamento non invasivo, che utilizza radiazioni elettromagnetiche (un’energia simile a quella che si utilizza per le radiografie e per le TAC), estremamente concentrate su un punto più o meno grande. Nell’applicazione cardiologica (al momento nel mondo sono meno di 50 i pazienti trattati con questa tecnica) possono essere utilizzate tre diverse tecnologie. Al Gemelli ne abbiamo due su te, nella loro versione più avanzata. Per la prima volta al mondo, per un intervento di radioablazione, abbiamo utilizzato l’apparecchio VARIAN Edge, una vera e proprio Ferrari della radioterapia (in tutta Europa ci sono solo 22 macchine come questa)”.

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