La targa del veicolo è una certificazione amministrativa; tentare di renderla illeggibile integra l’illecito di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri

Aveva occultato con del nastro adesivo una lettera della targa del veicolo con cui circolava per renderla non riconoscibile. Un automobilista era quindi finito a giudizio con il capo d’imputazione di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, disciplinato dall’art. 490 c.p.

L’uomo, inoltre, era accusato di resistenza a pubblico ufficiale. Aveva tentato di impedire con la violenza che un agente di polizia municipale effettuasse una foto della targa modificata, prima che venisse tolto il nastro.

Condannato sia in primo che in secondo grado, l’imputato aveva deciso di impugnare la sentenza di appello davanti alla Suprema Corte di Cassazione per ottenerne l’annullamento.

Il ricorrente, in particolare, invocava la particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p.

Gli Ermellini, con la pronuncia n. 9013/2018 del 27 febbraio, hanno ritenuto di aderire alle argomentazioni dell’automobilista, accogliendo il ricorso in quanto fondato.

La Cassazione ha riconosciuto la rilevanza penale della condotta. Più specificamente i Giudici del Palazzaccio hanno evidenziato come la Corte d’appello avesse correttamente ritenuto integrati gli estremi del reato  previsto dall’art. 490 c.p..

Tale norma punisce chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime o occulta un atto pubblico vero; ciò al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.

Nel caso in esame l’illecito era rappresentato dalla condotta di distruzione, soppressione o occultamento della targa di un autoveicolo; questa, infatti,  costituisce una certificazione amministrativa, trattandosi di un documento che attesta la immatricolazione e l’iscrizione al pubblico registro automobilistico.

Tuttavia, il giudice aveva omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta di applicazione della “particolare tenuità del fatto” . Tale disciplina, secondo la Cassazione, “non poteva ritenersi di per sé esclusa”. Di qui la decisione di rinviare la causa alla Corte territoriale per il riesame della richiesta di assoluzione.

 

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