L’Associazione dei medici fiscali interviene sulla vicenda di una donna di 64 anni, paziente terminale in un hospice della bergamasca, che due giorni prima di morire ha ricevuto la visita di un incaricato dell’Inps

Due giorni prima di morire la donna ha ricevuto la visita del medico fiscale incaricato dall’Inps per verificare se fosse effettivamente malata, come risultava dal certificato del suo medico di base. E’ quanto accaduto a una paziente terminale di 64 anni ricoverata in un hospice della provincia di Bergamo per un tumore ai polmoni. La donna, come riporta l’”Eco di Bergamo”, stava trascorrendo nella struttura i suoi ultimi giorni di vita, sottoposta a cure palliative della terapia del dolore.

La vicenda ha suscitato la forte indignazione dei familiari, rimasti senza parole. L’Inps si è scusata per l’episodio , spiegando che il medico di base avrebbe indicato sul certificato l’indirizzo dell’hospice senza la parola hospice e avrebbe inoltre omesso di scrivere che la signora era ricoverata. Tuttavia – ha sottolineato l’Istituto – il medico fiscale, una volta visto di cosa si trattava, si sarebbe dovuto astenere dal visitare la signora.

Sulla vicenda è intervenuta anche l’ANMEFI (Associazione nazionale Medici Fiscali) con un comunicato in cui si esprime “rammarico per l’accaduto” nonché “solidarietà  e vicinanza ai familiari della lavoratrice, poi purtroppo deceduta”.

L’’organizzazione, quindi, a nome della categoria, porge le scuse ai congiunti esprimendo consapevolezza per  “le fredde procedure burocratiche che feriscono la sensibilità e la dignità di cittadini vulnerabili”.

Ciò premesso, l’ANMEFI precisa che “i circa mille medici fiscali italiani, professionisti in buona parte con almeno quindici anni di esperienza lavorativa specifica, pur essendo liberi professionisti devono attenersi alla normativa che regolamenta la disciplina dei controlli domiciliari e che attualmente non prevede l’esenzione dalla visita per i pazienti ricoverati in strutture non ospedaliere, riabilitative, di hospice o di accoglienza nelle 24 ore.

L’assegnazione delle visite ai medici fiscali – chiarisce l’Associazione – avviene telematicamente su tablet, previo vaglio dei certificati da parte degli operatori dei centri medico legali dell’INPS, e dunque non conoscono la diagnosi del paziente che si accingono a sottoporre ad accertamento sanitario.

Il medico fiscale, nella pratica, è mero esecutore di quanto disposto.

Nel caso specifico – sottolinea ancora l’organizzazione –  il medico curante avrebbe dovuto segnalare nell’apposito spazio della “diagnosi” il ricovero nella struttura, così che il medico di controllo lo avrebbe semplicemente constatato, senza procedere a visita.

Esiste inoltre il codice di esclusione “E” dalle visite fiscali richieste d’ufficio, mediante il quale il medico dell’Istituto, durante l’analisi del certificato, ha l’opportunità – da esercitare secondo ponderato discernimento clinico e medico legale – di escludere uno specifico certificato, qualora la diagnosi evidenzi una condizione di gravità tale (per esempio oncopatie metastatiche, stati terminali, situazioni post chirurgiche di interventi demolitivi, ecc..) che sconsigli o addirittura controindichi il controllo domiciliare disposto d’ufficio.

Nella nota si legge, in conclusione, che “ANMEFI, attualmente impegnata con altre sigle sindacali al riconoscimento di adeguate tutele e convenzione, tra le istanze avanzate sta trattando l’attribuzione della competenza per tutte le attività connesse alla certificazione di malattia, comprendendovi l’esclusione dei certificati con diagnosi di patologie gravi e in regime di ricovero in strutture non ospedaliere”.

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