L’Istituto di credito, in caso di assegno pagato a persona sbagliata, è chiamata a provare che l’inadempimento non le è imputabile

La banca negoziatrice, in caso di assegno pagato a persona sbagliata, diversa dall’effettivo prenditore può, comunque, provare che l’inadempimento non è a lei imputabile. A tal fine deve dimostrare di aver assolto alla propria obbligazione con la dovuta diligenza. Una condotta cui è tenuta, ai sensi dell’articolo 1176 c.c. per sua qualità di operatore professionale, chiamato a rispondere anche dell’ipotesi di danno lieve.

Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12477/2018 pronunciandosi sulla controversia tra una società per azioni e una banca. La Spa aveva convenuto in giudizio l’Istituto di credito per aver pagato un assegno di traenza non trasferibile intestato a un soggetto avente diritto a un indennizzo assicurativo. L’uomo che aveva incassato l’assegno in realtà si era spacciato per il beneficiario, presentando allo sportello documenti falsi.

L’attore accusava quindi la convenuta di non aver adempiuto al dovere di identificare con diligenza colui che aveva presentato l’assegno e lo aveva incassato.

Chiedeva dunque il risarcimento del danno subito per essere stata costretta a rinnovare il pagamento dovuto all’effettivo titolare del credito da indennizzo.

Investita della vicenda la Cassazione, nel dirimere un contrasto interpretativo in materia, ha affermato che non può dirsi sussistere una responsabilità oggettiva dell’istituto di credito. Questo tipo di responsabilità può concepirsi solo laddove difetti un rapporto “contrattuale” fra danneggiante e danneggiato. Ovvero, quando il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo.

Gli Ermellini hanno enunciato il principio di diritto secondo cui, la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, “è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c.”.

Nel caso in esame la convenuta aveva dimostrato che il portatore dell’assegno aveva esibito carta di identità e codice fiscale corrispondenti alle generalità dell’effettivo beneficiario. Pertanto, non essendo emerse irregolarità, gli era stato consentito di aprire un libretto di risparmio nominativo sul quale era stata accreditata la somma dell’assegno. Tale cifra era poi stata prelevata.

 

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