Per una vicenda di intramoenia in orario di lavoro, è stata richiesta la restituzione delle parcelle a 110 medici. Ecco cosa è accaduto

Centodieci medici sono coinvolti in una scandalo che riguarda l’Azienda ospedaliera di Padova per aver svolto attività privata in orario di lavoro.

I sanitari coinvolti si sarebbero “dimenticati” di timbrare il cartellino per tracciare l’orario della libera professione per uno o due anni.

È quanto è emerso dal lavoro della commissione paritetica composta da dirigenti interni e rappresentanti sindacali, che sta incrociando tutti i dati.

Prestazioni, orari, modalità di svolgimento, sedi e tariffe inerenti la libera professione svolta nella struttura negli anni 2015, 2016 e 2017 dai 675 medici ospedalieri e dai 287 universitari in organico, sono adesso sotto la lente di ingrandimento.

E, in particolar modo, dopo le vicende del chirurgo della Clinica ostetrica licenziato perché aver chiesto duemila euro per saltare le liste d’attesa e aver incassato in nero i 250 euro della visita.

E i primi esiti sulla vicenda che vede coinvolti 110 sanitari per aver svolto attività privata in orario di lavoro, non sono confortanti.

Almeno 55 medici nel 2015 e altrettanti nel 2016 (solo alcuni casi sono comuni) non hanno timbrato la fine dell’attività pubblica e l’inizio dell’intramoenia. E si attendono ancora i risultati relativi al 2017.

Il direttore generale, Luciano Flor, ha spedito loro una lettera in cui comunica che ogni mese verrà trattenuto a tutti il 20% dello stipendio fino alla completa restituzione dei soldi ”indebitamente percepiti”. Un provvedimento necessario per i furbetti del cartellino che ora ne pagheranno le conseguenze.

Per il momento, l’ospedale deve recuperare circa 100 mila euro, 50 mila dei quali intascati da tre camici bianchi.

“L’azienda incassa il 20% dell’importo pagato per ciascuna prestazione — spiega Flor — e poi detrae ritenute fiscali e previdenziali, quindi mediamente in tasca al camice bianco resta il 50%”.

Sempre secondo Fior, l’organismo di controllo sulla libera professione “conduce un monitoraggio ogni tre mesi e presenta una relazione annuale. Se gli interessati non rispettano il regolamento, si adottano le necessarie misure”.

Da qui la decisione, lo scorso 17 novembre, di inviare una lettera ai medici “furbetti”.

“Alcuni – dice Fior – hanno risposto: mi sono dimenticato; altri: la macchina timbratrice era da un’altra parte; altri ancora: è successo solo qualche volta. Ma più di qualcuno non ha risposto”.

Reazioni diverse, ma il regolamento vale per tutti e prevede “il recupero totale delle parcelle pagate dai pazienti e indebitamente percepite, in quanto l’intra moenia è stata svolta in orario di servizio, perché non sono mai stati timbrati l’uscita dall’attività pubblica e l’ingresso in quella privata”.

C’è, però, chi si è rivolto a un avvocato per vedere se sia possibile opporsi al recupero totale della parcella, ma così rischia un provvedimento disciplinare per mancato rispetto del regolamento.

Dai sindacati, però, si levano delle polemiche.

Secondo Luigino Zuin della Uil, infatti, “l’amministrazione dovrebbe fare un mea culpa, ha chiuso gli occhi davanti a una situazione palese. Chi calpesta le regole è scorretto ma anche chi lo permette deve risponderne”.

“Come sindacato – prosegue Zuin – avevamo già fatto presente in più occasioni che l’attività libero professionale versava in una situazione di anarchia: i medici agivano indisturbati in una prateria aperta, frutto di un accordo fatto tra la direzione e il loro sindacato”.

Il discorso però è molto diverso per il personale del comparto.

“Per lavorare in regime di libera professione – conclude Zuin – gli infermieri devono prima essere autorizzati, poi compilare un foglio con specifici codici di timbratura e infine il procedimento deve trovare riscontro con prestazione. È impossibile che un infermiere faccia questi giochetti”.

I rappresentanti sindacali, dunque, hanno chiesto maggiore trasparenza.

“La direzione deve fare tutto il necessario per rientrare in un contesto di legalità”, ha dichiarato, Giancarlo Go della Cgil.

“La libera professione non va demonizzata ma richiede il rispetto delle regole. Esigiamo un’adeguata sorveglianza, finora mancata”.

Anche la Cisl è intervenuta. Secondo Fabio Turato “fa male pensare che il lavoro serio di molti sia infangato da comportamenti sbagliati minoritari. Tantissimi professionisti ogni giorno regalano il proprio tempo ben oltre l’orario di lavoro contrattuale, purtroppo nella complessità gestionale si annidano sempre i furbetti”.

 

 

 

 

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