L’uomo era accusato di aver fatto credere al datore di lavoro di essere al lavoro, attraverso la regolare marcatura del badge

Con la sentenza n. 4063/2020, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un dipendente pubblico accusato di truffa per avere indotto in errore l’azienda ospedaliera presso la quale lavorava “con artifici consistiti nel far credere, attraverso la marcatura del badge e non conformemente al vero, di essere in servizio”.

Nel ricorrere per cassazione contro la condanna stabilita in sede di appello, l’uomo eccepiva che la Corte territoriale non avesse rilevato l’intervenuta prescrizione del termine ordinario di prescrizione, maturato tra la sentenza di primo grado e quella di appello, non potendosi ritenere atto interruttivo l’avviso di fissazione del giudizio di appello. Inoltre lamentava la mancata concessione della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, il quale, in tema di reato continuato, avrebbe dovuto essere rapportata alle singole violazioni.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto Il ricorso manifestamente infondato.

Quanto al primo motivo – chiariscono i Giudici del Palazzaccio –  la sentenza impugnata ha richiamato il pacifico insegnamento di legittimità secondo cui, il riferimento, sia pure generico, al decreto di citazione a giudizio, contenuto nell’art. 160, comma secondo, cod. pen., consente di ricomprendere tra gli atti interruttivi del corso della prescrizione anche il decreto di citazione per il giudizio d’appello. Nel caso in esame, come correttamente sottolineato dalla Corte di appello, il decreto di citazione per il giudizio di appello era stato notificato al ricorrente in data antecedente alla maturazione del termine di prescrizione ordinario, pari a sei anni, decorrente dalla sentenza di primo grado.

Con riferimento al secondo motivo di doglianza, gli Ermellini ha evidenziato come la Corte di appello avesse richiamato la pacifica regola giurisprudenziale secondo cui, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, rilevano, oltre al valore economico del danno, anche gli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa complessivamente valutata. Nel caso in esame non era stato ritenuto di speciale tenuità il danno cagionato dal ricorrente all’azienda ospedaliera, anche in virtù della lesione del rapporto fiduciario intercorrente con il dipendente.

La redazione giuridica

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