Uno studio italiano pubblicato sul British Journal of Surgery evidenzia come il 77% degli ospedali che eseguono interventi di chirurgia del pancreas abbia un’esperienza insufficiente per garantire la necessaria sicurezza ai pazienti

Uno studio appena pubblicato sul British Journal of Surgery e condotto dal dottor Gianpaolo Balzano, chirurgo del Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha analizzato i dati sulla mortalità operatoria per gli interventi di resezione pancreatica eseguiti in Italia nel triennio 2014-2016: secondo questi numeri, forniti dal Ministero della Salute in forma anonima, dei 395 ospedali italiani censiti ben 300 (il 77% delle strutture) ha realizzato in media solo 3 interventi di chirurgia del pancreas all’anno. Un numero troppo basso, considerando che la chirurgia pancreatica è la più complessa della chirurgia addominale.

Il risultato è che la mortalità media sul territorio nazionale è il 6.2%, ma il dato varia da un 3% nei centri più eccellenti e a maggior volume, fino a oltre il 25% in altri ospedali, con risultati disastrosi per i pazienti che si rivolgono a questi ultimi.

Lo studio propone come soluzione di centralizzare la chirurgia pancreatica su scala nazionale.

“Se l’ospedale non ha l’esperienza sufficiente – commenta Gianpaolo Balzano – il paziente potrebbe non ricevere un trattamento adeguato. I risultati evidenziano che in 300 ospedali la mortalità per resezione pancreatica è superiore al 10%, tre volte più alta rispetto ai centri con maggiore esperienza. Questo significa che ogni anno 130 decessi potrebbero essere evitati se tutti i pazienti fossero curati in centri ad alta specializzazione”.

Permettere di operare al pancreas solo agli ospedali ad alto volume nella chirurgia pancreatica non è però sufficiente. Secondo lo studio, infatti, non tutti i centri che eseguono un numero di interventi sufficiente a consolidare un’esperienza adeguata in chirurgia del pancreas riescono a offrire una bassa mortalità. In alcuni ospedali questo rischio può essere comunque superiore al 20 o 25%, soprattutto se manca una specifica formazione in chirurgia pancreatica, oppure se l’ospedale non dispone dei servizi essenziali per gestire le frequenti complicanze post-operatorie.

Ecco perché, secondo i dati analizzati dai ricercatori, il miglior modello di centralizzazione consisterebbe nel permettere di operare al pancreas soltanto a quei centri che effettuano più di 10 resezioni all’anno e la cui mortalità operatoria è inferiore al 5%.

Da 395, gli ospedali accreditati diventerebbero 45. Attraverso questa scelta la mortalità media nazionale si dimezzerebbe, passando da 6.2% a 2.7%. “Occorre centralizzare la chirurgia pancreatica – continua Balzano –  restringendo il numero di centri abilitati per questo tipo di intervento e stabilendo rigide regole di accreditamento. In chirurgia pancreatica, le scelte di politica sanitaria possono salvare più vite di ogni innovazione tecnica: è questa la ragione per cui dovrebbero essere istituite le ‘Pancreas Unit’, con precise linee di indirizzo organizzative e assistenziali, analogamente a quanto fatto dalla Conferenza Stato-Regioni con l’istituzione delle ‘Breast Unit’ nel 2014.”

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