Il danno patrimoniale futuro per spese mediche e per assistenza sanitaria deve essere liquidato nel rispetto dei principi che governano la materia

Il danno patrimoniale futuro rappresenta una delle voci di danno, per sua stessa natura, di più difficile quantificazione. Solitamente esso è legato al rimedio della rendita vitalizia, perché è personale e permanente e si produce di giorno in giorno in ragione della durata della vita del beneficiario; ma anch’essa non è di sempre facile liquidazione.

Il caso

Un neonato, concepito sano alla nascita, subì subito dopo il parto una grave ipossia cerebrale a causa della ritardata esecuzione del parto cesareo; quest’ultima ascrivibile a colpa del medico di turno.

I genitori, in proprio e in qualità di esercenti la potestà sul minore, convenivano in giudizio il medico per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni presenti, futuri e permanenti subiti dal minore.

Ma come va quantificato il danno patrimoniale futuro?

La questione fu portata direttamente dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza n. 12567 del 22 maggio scorso, affermavano il seguente principio di diritto:

“(…) Dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’ente pubblico, in conseguenza di quel fatto, essendo tale indennità rivolta a fronteggiare ed a compensare direttamente il medesimo pregiudizio patrimoniale causato dall’illecito, consistente nella necessità di dover retribuire un collaboratore o assistente per le esigenze della vita quotidiana del minore reso disabile per negligenza al parto“.

Vademecum per la quantificazione

Successivamente, gli stessi giudici Ermellini hanno ricordato che, rispetto al momento in cui viene compiuta la liquidazione, i danni patrimoniali futuri e permanenti possono essere di due tipi:

(a) quelli che si stanno già producendo nel momento della liquidazione e che continueranno a prodursi in futuro (nel caso di specie, trattasi delle spese sanitarie e di assistenza);

(b) quelli che, pur essendo certi od altamente verosimili nel loro avverarsi, al momento della sentenza non si sono ancora avverati perché inizieranno a prodursi solo dopo un certo periodo di tempo dalla liquidazione (nel nostro caso, il lucro cessante derivante dalla perdita della capacità di lavoro).

Quanto ai danni del primo tipo essi possono essere liquidati in due modi:

(a) moltiplicando l’importo annuo del danno per il numero di anni per i quali il pregiudizio verosimilmente si produrrà;

(b) oppure, come è più frequente, moltiplicando l’importo annuo del danno per un coefficiente di capitalizzazione anticipata.

Qualora venga prescelta la prima modalità, il risultato ottenuto dovrà essere ridotto (non con un coefficiente di minorazione, come invoca la ricorrente, ma) attraverso lo sconto matematico o commerciale (pari al “compenso” spettante a chi paga un debito prima della scadenza), in base alla nota formula: ovvero moltiplicando il capitale per il saggio di sconto, e dividendo il prodotto per il tempo di anticipazione, espresso in dodicesimi).

I danni patrimoniali futuri che, pur producendosi de die in diem, non sono ancora venuti ad esistenza al momento della liquidazione (nel nostro caso, la perdita della capacità di guadagno, danno che avrebbe iniziato a prodursi solo quando il minore avrebbe raggiunto l’età lavorativa), possono essere liquidati anch’essi col sistema della capitalizzazione, vale a dire moltiplicando l’importo annuo del reddito presumibilmente perduto dalla vittima, per un coefficiente di capitalizzazione.

Nel caso di specie, il giudice deve tenere conto del fatto che sta liquidando oggi, un danno che si verificherà tra anni. È dunque necessario in questo caso, tenere conto dello scarto temporale tra il momento della liquidazione ed il successivo momento in cui il danno inizierà a prodursi. Per tale operazione è necessario, altresì, ridurre il risultato ottenuto dall’operazione di capitalizzazione, moltiplicandolo per un numero decimale inferiore ad uno, denominato “coefficiente di minorazione per capitalizzazione anticipata”, il quale restituisce il valore attuale di un euro pagabile solo fra un numero di anni.

 

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