Respinto il ricorso di un uomo accusato di favoreggiamento della prostituzione per essere solito tenere con sé il figlio di una donna mentre questa era in compagnia dei propri clienti

Il reato di favoreggiamento dell’altrui prostituzione è ravvisabile nella condotta, oggettivamente funzionale all’agevolazione della prostituzione, di colui che provvede ad allontanare il figlio minore della prostituta dal luogo in cui questa esercita il meretricio trattenendolo con sé per il tempo necessario alla madre per svolgere tale attività. E’ il principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 15948/2020.

La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di un uomo condannato in sede di merito per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di due donne.

L’imputato, nello specifico, era accusato di aver tenuto con sé il figlio minore di una di loro, nella cantina sottostante l’appartamento della stessa o portandolo in giro di notte, quando le ragazze si intrattenevano con i clienti, partecipando poi alla spartizione dei proventi.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato deduceva che l’attività svolta, sebbene avesse oggettivamente consentito alle donne di tenere il bambino fuori dall’appartamento dove esse si prostituivano, non si poneva in termini di immediato e diretto collegamento con l’attività di meretricio, tanto da qualificarsi come un aiuto all’esercizio della prostituzione, risolvendosi, in realtà, in un sostegno alla persona ed al figlio di lei, adempiendo sostanzialmente ad una funzione genitoriale propria della prostituta, che era quella di evitare che il figlio fosse presente in casa mentre riceveva i clienti e rispetto alla quale l’agevolazione della prostituzione sarebbe soltanto una conseguenza indiretta.

I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto il ricorso è inammissibile rilevando come, in linea generale, la giurisprudenza di legittimità affermi che il reato di favoreggiamento della prostituzione sia perfezionato da ogni forma di interposizione agevolativa e da qualunque attività che, anche in assenza di un contatto diretto dell’agente con il cliente, sia idonea a procurare più facili condizioni per l’esercizio del meretricio e che venga posta in essere con la consapevolezza di facilitare l’altrui attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente o il fine di tale comportamento.

Tra le attività rilevanti è stato individuato anche l’adoperarsi per mettere a proprio agio, anche sotto il profilo psicologico, la prostituta nel corso dell’attività di meretricio, trattandosi comunque di condotta funzionale ad agevolare quest’ultima nel suo svolgimento.

E’ dunque sufficiente ad integrare il reato in esame qualsiasi condotta consapevole che si risolva, indipendentemente dal movente dell’azione, in una concreta agevolazione dell’altrui meretricio, anche se si è pure specificato che, affinché possa configurarsi il favoreggiamento della prostituzione, occorre che la condotta materiale concreti oggettivamente un ausilio all’esercizio della stessa, essendo altrimenti irrilevante l’aiuto che sia prestato solo alla prostituta, ossia che riguardi direttamente quest’ultima e non la sua attività di prostituzione, anche se detta attività ne venga indirettamente agevolata.  

Nel caso in esame, la Corte di appello aveva posto in evidenza come risultasse dimostrato, sulla base delle emergenze processuali, che l’imputato provvedeva ad allontanare il minore, figlio di una delle due prostitute, dal monolocale dove costoro esercitavano il meretricio, al solo fine di consentire loro di esercitare tale attività ed escludendo espressamente che tale condotta fosse consistita nel sostituire, sostanzialmente, la madre nella funzione genitoriale, atteso che il minore veniva tenuto chiuso nella cantina dell’appartamento ove l’imputato viveva, ritenuto tuttavia luogo assolutamente inadatto a soddisfare le esigenze abitative, oppure in un furgone mentre costui raccoglieva il ferro, facendolo anche dormire in questi luoghi o riportandolo a casa in piena notte a richiesta della madre, la cui prostituzione era anche “sfruttata” dall’imputato.

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