La domanda della donna viene integralmente rigettata sia sotto il profilo della responsabilità sanitaria che sotto il profilo della violazione dell’autodeterminazione (Tribunale di Cosenza, Sez. II, Sentenza n. 1966/2021 del 13/10/2021-RG n. 4832/2016)

La paziente cita a giudizio il Dott. MR, il Dott. AS e il Dott. AB al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza delle errate prestazioni odontoiatriche ricevute.

Tutti gli Odontoiatri si costituiscono in giudizio chiamando in manleva le rispettive Assicurazioni.

La donna si era sottoposta ad alcuni interventi nel 2009 presso la struttura del dott. AS ,in Rogliano, eseguiti da parte del dott. MR, professionista proveniente da Roma che periodicamente opera presso la Struttura.

Più precisamente fu effettuato l’impianto di due protesi su 2 molari sul lato sinistro della bocca e un ulteriore su 3 molari sul lato destro a distanza di un mese, per l’importo complessivo di euro 3.000,00.

A seguito degli interventi, la paziente accusava una serie di problematiche che si evidenziavano nella cattiva masticazione e l’eccessivo contatto degli incisivi nonché un dente era andato perduto e si dovette procedere alla sua devitalizzazione.

Nello svolgimento delle prestazioni si avvicendavano anche i collaboratori del dott. MR, ed effettuava un intervento anche il dott. AB per il quale rilasciò apposita fattura n. 82 de l 22.09.09 di euro 2.500,00.

Secondo la parte attrice ancora oggi sarebbero visibili diversi danni consistenti nella configurazione dei denti dell’arcata superiore accorciati e dislivellati; il labbro superiore rientrante e conseguente accentuazione di rughe; la difficoltà a pronunciare la “s”; durante la masticazione, e anche solo nel parlare, la paziente si morderebbe la lingua, il labbro e la guancia; a causa del distacco delle corone dagli impianti da più mesi, si sarebbe verificato il crollo del tono muscolare sul lato destro del viso, con conseguente comparsa di rughe; inoltre, potendo essere utilizzato solo il lato sinistro per la masticazione, rappresentava di avvertire forti dolori all’articolazione mentre il mento tende a sporgere in avanti.

A seguito di tali evidenziati danni sarebbero subentrati problemi psicologici e tendenza all’isolamento da parte della donna.

L’istruttoria svolta, tuttavia, non ha colmato il deficit probatorio evidente da quanto rappresentato in citazione, essendo le circostanze dedotte prive di dettagliate indicazioni in ordine alle modalità di tempo e di luogo e dei trattamenti effettuati.

La paziente non ha delineato le specifiche errate prestazioni odontoiatriche rese e il loro contributo causale, conseguentemente, discende l’impossibilità di stabilire un collegamento eziologico con i dedotti danni.

Inoltre, il parere medico di parte, dove si legge: “da un esame radiografico accurato e dopo una visita si evince che la paziente presenta degli impianti osseointegrati su cui non risultano esserci problemi di alcun tipo”, non quantifica, nè individua i danni riconducibili ai lavori eseguiti dai convenuti.

Ebbene, tale debolezza probatoria e l’assenza di documentazione, non può essere colmata da una CTU che avrebbe carattere esplorativo.

In ogni caso, il Giudice rammenta che “in tema di responsabilità del medico per i danni causati al paziente, l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto, ipso facto, dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, dal dovere di diligenza, per il quale trova applicazione il parametro della diligenza professionale fissato dall’art.1176 c.c. secondo comma, da commisurarsi alla natura dell’attività esercitata. Ne consegue che il mancato raggiungimento del risultato può soltanto costituire danno consequenziale alla non diligente prestazione o alla colpevole omissione dell’attività sanitaria”.

Per quanto riguarda la mancanza di consenso informato, viene ribadito che tale istituto giuridico risponde all’obiettivo dell’interazione medico –paziente, cioè di aiutare quest’ ultimo a individuare i valori più strettamente correlati con il bene della salute che possono realisticamente essere raggiunti in una determinata situazione clinica.

Il medico dunque deve attraverso l’informazione sulle condizioni di salute, aiutare il paziente ad individuare le opzioni diagnostiche e terapeutiche più idonee alla sua problematica.

Si deve attuare il trasferimento delle informazioni sulla malattia, sui mezzi diagnostici e terapeutici che la scienza mette a disposizione, sui rischi a breve e lungo termine connessi all ‘esecuzione dei trattamenti, sulle probabilità di un loro esito positivo, informazioni necessarie a garantire la libertà di scelta tra le diverse prestazioni mediche possibili sebbene il paziente manchi delle conoscenze specifiche in materia.

Nello specifico,i trattamenti odontoiatrici prevedono, dopo visita specialistica ed eventuali esami diagnostici complementari, la prospettazione al paziente di un piano di trattamento, un preventivo di spesa con le modalità di pagamento e tutte le informazioni relative ai trattamenti, compreso il “consenso informato” e il “consenso” all’uso dei dati personali. Una volta accettato il piano di trattamento, si instaura tra odontoiatra e paziente un rapporto contrattuale, con obbligo di mezzi, oltre che di una condotta rispettosa della perizia, diligenza qualificata e prudenza, elementi tipici della responsabilità professionale.

L’odontoiatra titolare dello studio professionale dovrà essere in grado di dimostrare (art. 7 comma 1 – Regolamento Europeo 679/2016) che l’interessato ha espresso un valido consenso al trattamento dei dati, dopo aver ricevuto l’informazione sulla gestione dei suoi dati personali (art. 13 -Regolamento Europeo 679/2016)

Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge n. 2019/2017 che contiene “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Questa Legge promuove e valorizza la relazione di cura tra medico e paziente basata sulla fiducia e comunicazione, essendo anche quest’ultima tempo di cura.

Il consenso informato non dovrà quindi limitarsi ad un semplice modulo prestampato, ma dovrà sempre prevedere un flusso di informazioni da veicolare in modo consono al paziente, anche attraverso una modulistica informativa specifica per le aree odontoiatriche che saranno oggetto di cura.

Quanto alla forma del consenso informato, la normativa di riferimento non introduce propriamente l’obbligo della forma scritta.

Il consenso informato si inquadra infatti nella categoria dei negozi giuridici, per i quali vige il principio della libertà della forma, laddove la legge non preveda casi specifici in cui la quella scritta è richiesta ad substantiam.

In assenza del rispetto delle modalità di documentazione indicate dalla legge, sarà possibile ricorrere alle c.d. prove costituende la prova per testimoni, le presunzioni semplici In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – gravante sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso.

Ciò non esclude comunque che, anche qualora venga dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione, sia indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito, dovendosi negare un danno in re ipsa.

Spetta al paziente provare che, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento medico, ciò significa che non è sufficiente allegare la mera omessa informazione, non trattandosi di un’ipotesi di danno in re ipsa.

Il medico potrà essere chiamato a risarcire il danno alla salute laddove il paziente dimostri — anche tramite presunzioni – che, ove compiutamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento terapeutico.

E’ necessario dare prova che il pregiudizio abbia varcato la soglia della gravità dell’offesa e, dunque, che il relativo diritto sia stato inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, non essendo predicabile un danno in re ipsa.

Ciò posto, la donna, al di là della mancata sottoscrizione del consenso informato, circostanza acclarata in corso di causa, non ha effettuato l’effettuazione degli interventi, e comunque, non ha allegato alcun pregiudizio derivante dalla mancanza di consenso diverso o ulteriore rispetto al danno alla salute dedotto .

La domanda viene integralmente rigettata, sia in punto di responsabilità sanitaria che di violazione del diritto all’autodeterminazione.

Le spese vengono liquidate secondo il criterio della soccombenza.

Avv. Emanuela Foligno

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