Una sentenza del Tribunale di Torre Annunziata ha fatto il punto sulla interruzione della attività lavorativa a seguito di un sinistro stradale

In tema di liquidazione dei danni da sinistro stradale, oltre alla liquidazione del danno non patrimoniale, finalizzata al ristoro integrale del pregiudizio subito dalla vittima, il giudice deve considerare che ogni lesione all’integrità psicofisica, provocata da un grave incidente comportante un’alta percentuale di invalidità permanente in grado di causare una interruzione della attività lavorativa del danneggiato, debba essere risarcita con liquidazione del danno patrimoniale.
In tal senso ha deciso il Tribunale di Torre Annunziata, G.U. dott.ssa Silvia Pirone, con la sentenza n. 1872 depositata il 23 giugno 2017.

Questi i fatti

Un motociclista citava in giudizio il conducente di un’autovettura, nonché la compagnia di assicurazioni di quest’ultimo, al fine di ottenere il risarcimento delle lesioni subite a seguito di un sinistro stradale.
Deduceva l’attore che, mentre era alla guida del proprio motociclo veniva investito frontalmente da un autovettura, che ferma in posizione perpendicolare rispetto all’asse stradale, con il lato anteriore rivolto verso il centro della carreggiata di marcia, svoltava a sinistra, assumendo direzione di marcia contraria a quella del motoveicolo. A seguito del violento urto il motociclista riportava gravi lesioni personali (trauma cranico con frattura dell’osso frontale e dell’occipite, sindrome ansiosa depressiva, frattura del malleolo tibiale con lievi esiti funzionali) che lo costringevano al ricovero in ospedale. Residuavano postumi di carattere permanente quantificati dal CTU nella misura del 41-42%.

Il risarcimento dei danni non patrimoniali…

Il Tribunale, avendo escluso il concorso di colpa ex art. 1227 c.c. in capo alla parte danneggiata, che tra l’altro indossava anche il casco di protezione, si sofferma sulla richiesta di risarcimento danni dallo stesso avanzata.
Ebbene, il giudice ritiene meritevole di accoglimento la domanda in virtù del fatto che l’illecito civile oggetto del giudizio integra gli estremi del reato di lesioni colpose, previste e punite dall’art. 590 c.p. e si riporta per la valutazione dei danni esclusivamente alla CTU espletata nel corso del giudizio, ritenendola adeguatamente motivata e priva di vizi logici e/o scientifici.
Si deve sottolineare che il Tribunale aderisce all’orientamento della recente giurisprudenza di merito successiva all’arresto delle Sezioni Unite (cfr. Tribunale di Milano n. 2334 del 19.2.2009, Corte Appello Perugia del 24.11.2008 conforme Tribunale Torino n. 7876 del 27.11.2008, Tribunale Novara n. 23 del 16.2.2009) in base al quale “il giudice, potendo ritenere che la voce del danno non patrimoniale intesa come sofferenza soggettiva non sia adeguatamente risarcita, può procedere ad un’adeguata personalizzata del danno non patrimoniale, liquidando, congiuntamente ai valori monetari di legge, una somma che ristori integralmente il pregiudizio subito dalla vittima”.

… e dei danni non patrimoniali

All’attore, secondo il Tribunale di Torre Annunziata, andrà liquidato anche il danno patrimoniale, il c.d. danno da lucro cessante, in base a quanto recentemente statuito dalla Suprema Corte secondo cui “ogni lesione all’integrità psicofisica, provocata da un grave incidente e causa di un’alta percentuale di invalidità permanente in grado di sospendere o interrompere del tutto le attività lavorative del danneggiato, va risarcita con la liquidazione del danno patrimoniale” (cfr. Cass. n. 5880 del 24 marzo 2016).

La liquidazione equitativa del lucro cessante

In particolare gli Ermellini hanno chiarito che, per un giovane non occupato, come nel caso de quo, si giustifica la liquidazione equitativa del lucro cessante, tenendo conto dell’effetto permanente del pregiudizio subito e della sua gravità obbiettiva, conformandosi a quanto stabilito dalla stessa Corte con la sentenza n. 23791 del 7.11.2014).
Tale ultima pronuncia, che si pone sulla linea tracciata da altre decisioni conformi in materia del giudice di legittimità (cfr. Cass., n. 17219 del 29 luglio 2014), si riferisce ad un caso analogo a quello oggetto del provvedimento in commento, in cui, a seguito di un incidente stradale, il soggetto danneggiato, ventenne e disoccupato al momento del sinistro, aveva formulato in giudizio richiesta di risarcimento per i gravissimi danni subiti a causa del sinistro ivi compreso, anche il danno patrimoniale patito per la perdita della sua capacità lavorativa.
La sentenza tiene conto, quindi, del fatto che, una grave menomazione psicofisica in capo ad un soggetto comporta, nella quasi totalità dei casi, una drastica riduzione delle capacità lavorativa, per cui anche le chances di competizione lavorativa futura della persona e, di conseguenza, la capacità di potenziale futuro guadagno, potranno essere inevitabilmente compromesse.
Sotto un diverso profilo si deve ribadire come l’esclusione del danno patrimoniale in un soggetto disoccupato, che subisce una grave menomazione psicofisica, implicherebbe la violazione del principio del diritto alla riparazione integrale del danno da illecito, nel caso in cui tale posta risarcitoria sia stata dedotta e provata, con l’accertamento della sola compromissione dell’attività di guadagno in relazione all’età della vittima, cui è preclusa la concorrenzialità lavorativa.
 

Avv. Maria Teresa De Luca

 
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