Una sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito come ciascun componente dell’ equipe debba controllare l’operato e gli errori altrui se evidenti e non settoriali.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 22007/2018 è tornata a occuparsi di interventi in equipe e responsabilità dei medici.

Secondo gli Ermellini, infatti, l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica riguarda non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il  controllo sull’operato e sugli errori altrui.

Questo però laddove sia evidenti e non settoriali, quindi rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio.

La vicenda

Nel caso di specie, il pm si era opposto all’assoluzione di alcuni medici, chiamati assieme ad altri a rispondere di omicidio colposo.

Questi avevano svolto un intervento in equipe, composta da ginecologi, chirurghi, anestesisti e rianimatori. A tutti era contestato di avere in cooperazione colposa tra loro causato la morte di una donna sottoposta a parto cesareo.

Non tutti, però, sono stati ritenuti colpevoli dai giudici di merito. L’unico dichiarato colpevole è l’anestesista. Tuttavia, per il P.M., anche gli altri due imputati sottoposti a giudizio e assolti avevano preso parte all’intervento.

Questo significa che entrambi avrebbero dovuto vigilare durante l’intervento in equipe sulle condotte degli altri sanitari. Ciò in base al principio della responsabilità dell’equipe.

Un assunto che gli Ermellini hanno ritenuto corretto, anche alla luce dei fondati richiami alla giurisprudenza in materia che i giudici a quo hanno trascurato.

In merito alla responsabilità dell’equipe, la Cassazione ha ricordato che oltre alla cooperazione sincronica tra medici e medici e/o ausiliari che agiscono insieme per la cura di un paziente, la cooperazione terapeutica può sostanziarsi anche in forma diacronica.

Questo significa, cioè, attraverso atti medici successivi affidati anche a sanitari dotati della medesima o di differenti specializzazioni.

Ebbene, per la Cassazione, in entrambi i casi, vale e opera sempre il principio di affidamento. Esso vale quale limite in concreto all’obbligo di diligenza gravante su ogni titolare della posizione di garanzia.

Questo poiché è opportuno che ogni medico abbia la possibilità di concentrarsi sui compiti affidatigli confidando sulla professionalità degli altri, della cui condotta colposa poi non può essere, almeno di norma, chiamato a rispondere.

Tuttavia, il principio di affidamento non può essere invocato per violazione del dovere di controllo. Non laddove l’azione colposa di un collega si sostanzia nella inosservanza delle leges artis che costituiscono il bagaglio professionale di ciascun medico.

Nel caso in esame, i giudici di merito avevano ritenuto che la criticità causativa del decesso fosse da attribuire esclusivamente all’anestesista.

Tuttavia, il ragionamento non è da considerarsi corretto per la Cassazione. Ciò in quanto gli altri dottori sono intervenuti attivamente in sala operatoria. Questo ha comportato da parte loro la piena assunzione di posizione di garanzia di equipe.

Infatti, l’ equipe è da considerare come un’entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno e tenuto a svolgere il proprio ruolo salvo intervenire se percepisca l’errore altrui. Ogni componente, inoltre, ha il dovere di controllare che il proprio apporto professionale e quello altrui si armonizzino in vista di un comune obiettivo. In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’errore altrui per essere addebitato al sanitario o deve rientrare nel bagaglio di conoscenze di qualsivoglia sanitario medio o deve rientrare nello specifico settore in cui anch’egli è specializzato.

Se invece l’errore è commesso da un altro operatore in un settore estremante specialistico, no.

In quanto invece allo scioglimento dell’ equipe, la Cassazione fornisce un ulteriori specifica.

Dopo l’intervento, il sanitario non può disinteressarsi del paziente. Egli deve sempre controllare il decorso operatorio. Nel farlo, dovrà quanto meno affidare il paziente ad altri sanitari resi edotti sulle condizioni dello stesso.

Questi temi, per la Corte, non sono stati presi in adeguata considerazione dalla Corte d’Appello. Questa infatti non solo ha erroneamente escluso che i ricorrenti avessero assunto la posizione di garanzia.

Essa ha anche trascurato la circostanza fattuale che l’aporia riscontrata era consistita nel tardare a disporre il ricovero della paziente in una struttura più attrezzata per le emergenze.

Alla luce di quanto enunciato, la Cassazione ha accolto il ricorso. Pertanto, la sentenza andrà cassata e rinviata ad altro giudice.

 

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