E’ in sperimentazione la pasticca anti Alzheimer all’Università degli Studi di Pisa. Ce ne parla il direttore del progetto, il neurologo Ubaldo Bonuccelli

Il neurologo Ubaldo Bonuccelli, direttore della UO di Neurologia-Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa e direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia di Pisa, sperimenta la pasticca anti Alzheimer, per prevenire la comparsa della malattia.
Malattia degenerativa che, ad oggi, presenta cure efficaci per un lasso di tempo troppo breve, tanto che in Gran Bretagna il sistema sanitario pubblico non le rimborsa neppure più, a differenza del Parkinson che ha delle cure valide per 10-15 anni.
In attesa di scoprire la cura dell’Alzheimer questo studio punta a prevenire la comparsa della malattia in persone che secondo la ricerca sono propensi a svilupparla. Si tratta di una patologia che in Italia colpisce oltre il milione di persone.
Responsabile Civile ha raggiunto il dottor Ubaldo Bonuccelli per un approfondimento sulla sperimentazione di questa pasticca anti Alzheimer.
“Si tratta di uno studio assai importante con 100 centri nel mondo – spiega subito il dottor Bonuccelli – Prevede lo screening di persone sane sopra i 65 anni. Sono ammesse persone fra i 60 e 65 solo se c’è una familiarità di primo grado con l’Alzehimer. Lo studio prevede intanto che ci sia una normalità della memoria e di tutte le funzioni cognitive, valutate attraverso dei test neuropsicologici. Poi viene eseguita una risonanza magnetica per verificare che a livello celebrale non vi siano alterazioni di tipo circolatorio o di altra natura. Successivamente i soggetti sono sottoposti a una pet amiloide, che valuta la presenza nel cervello della famosa sostanza amiloide, cioè una proteina che si accumula nell’Alzheimer e si ritiene sia la causa principale dello sviluppo della malattia”.
La sperimentazione esclude i soggetti che non presentano la PET positiva:non hanno amiloide in quantità patologica nel cervello, non svilupperanno dunque la malattia nel futuro. I pazienti con proteina amiloide sono invece destinati a sviluppare Alzheimer negli anni.
“A chi presenta positività a questo esame – prosegue il professor Bonuccelli – viene proposta l’assunzione orale di un farmaco per 4 anni. si tratta di farmaci “inibitori” che bloccano la produzione e l’accumulo di proteina amiloide nel cervello:per l’esattezza si tratta di un inibitore delle Beta Secretasi che dovrebbe impedire l’accumulo ulteriore della beta amiloide e quindi salvare il soggetto dall’Alzehimer. Come in tutti clinical trial a doppio cieco controllato ci sarà un gruppo di pazienti che assumerà il farmaco e un gruppo a cui invece sarà somministrato il placebo. I pazienti verranno seguiti per 4 anni”.
L’importanza dei risultati
“Alla fine avremo dei risultati importanti sia da un punto di vista clinico per i pazienti seguiti ma anche da un punto di vista delle conoscenze perché uno studio di questo tipo chiarirà finalmente in modo inequivocabile se è vero che la causa dell’Alzheimer è la beta amiloide e se il farmaco testato in particolare funziona nel prevenirne l’insorgenza. Abbiamo già reclutato 20 pazienti e c’è una richiesta di oltre 200 persone che vogliono partecipare. È uno studio importante da un punto di vista scientifico.Questo è il primo studio al mondo che valuta questo tipo di possibilità, cioè prevenire la malattia in persone che mostrano soltanto accumulo di amiloide ma nessun segno di malattia. Prima cominci – Early, questo il nome di questo studio – e più possibilità hai di salvare il cervello. La sperimentazione è una fase 3, quella che rende il farmaco approvabile o meno dalle autorità regolatorie (EMA e FDA)”.
Uno studio internazionale
“A livello internazionale sono circa 100 i centri che stanno portando avanti questo studio, finanziato dalla casa farmaceutica Janssen. Saranno reclutate una quantità notevole di persone che diminuiranno in seguito ai risultati della pet:si prevede infatti una positività di tale esame del 5-10%. Questo serve a dare una significatività statistica allo studio. Questo mese è stato fermato tuttavia il reclutamento:si è verificato un caso di epatite in Francia per cui si sta rivedendo il protocollo aggiungendo ulteriori accertamenti su una possibile tossicità epatica del farmaco. Ci saranno degli emendamenti al protocollo per un più stretto monitoraggio epatico per quei pazienti positivi alla pet amiloide che accetteranno di usare il farmaco per 4 anni”.

Laura Fedel

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