La Corte d’Appello di Venezia stabilisce che il danno cagionato dall’assistente lo risarcisce il medico che ha effettuato l’intervento

La decisione della Corte d’Appello di Venezia si occupa del caso di una donna di 52 anni che, recatasi dal dentista per l’estrazione di un dente cariato, ha subito una lesione permanente al nervo linguale. Tale lesione è stata causata dalla forza che ha impresso l’assistente alla poltrona nel trattenimento del lembo linguale durante l’intervento.
La donna ha perciò citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia l’odontoiatra per vederlo condannare al risarcimento del danno patito. Ma il Tribunale ha rigettato la sua domanda argomentando, tra le altre cose, che l’inadempimento qualificato del medico, qualora sussistente, non fosse addebitabile allo stesso ai sensi dell’articolo 1218 c.c., a fronte dell’impossibilità per il sanitario di effettivo controllo dell’attività dell’ausiliario.
L’articolo 1218 c.c. stabilisce infatti che: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo  è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. La decisione del Tribunale è perciò fondata sull’ultimo periodo dell’articolo citato, in quanto l’inadempimento sarebbe stato da attribuire all’assistente alla poltrona e non al medico, quindi si tratterebbe di un danno causato dall’assistente.
Ma avverso la decisione del Tribunale è stato proposto appello. In tale atto, l’appellante ha evidenziato che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, l’inadempimento qualificato da parte del medico sussiste in quanto quest’ultimo non ha adottato tutte le procedure cautelative nell’intervento in questione, atte alla salvaguardia dell’integrità delle strutture nervose del nervo linguale.
Ma, sotto il profilo giuridico, la censura mossa alla sentenza di primo grado riguarda l’esclusione della responsabilità del medico ai sensi dell’1218 c.c., in relazione all’art. 1228 c.c., il quale dispone: “salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”.
La Corte d’Appello di Venezia ha ritenuto che l’appello fosse da accogliere, in quanto la consulenza tecnica d’ufficio esperita ha qualificato l’intervento eseguito come “di routine” ed, in quanto tale, ha delle conseguenze facilmente prevedibili sul nervo linguale, anche a fronte dell’attività di collaboratori; ed è sicuramente onere del sanitario attivarsi, stimolando l’attenzione degli stessi, onde evitare possibili rischi ed un danno cagionato dall’assistente.
In ogni caso, continua la Corte, è un principio pacifico in giurisprudenza che “il debitore il quale nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (Cass. 06.06.2014, n. 12833)”. Il debitore mette l’opera del terzo a disposizione del creditore, sicchè tale opera risulta inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.
Secondo la Corte tale responsabilità per l’avvalimento dell’attività di terzi riposa sul principio cuius commoda et incommoda, ovvero, per tradurla in una versione più immediata, “chi trae vantaggio da una situazione, deve sopportarne anche i pesi”.
Alla luce delle considerazioni sin qui riportate, la Corte d’Appello di Venezia, riformando la sentenza del Tribunale, ha condannato il medico a risarcire in favore della signora il danno patito nella misura di € 6.368,00 a titolo di danno non patrimoniale, ed € 602,96 a titolo di danno patrimoniale oltre alla refusione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

Avv. Annalisa Bruno
(Foro di Roma)

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