Secondo il Tribunale di Torino il diniego o la revoca della patente erroneamente concessa dovranno passare al vaglio della P.A.

Il Tribunale di Torino, terza sezione civile, nella sentenza n. 2358/2018 ha fornito chiarimenti in relazione al caso in cui la patente venga rilasciata per errore a un reo e sulle conseguenze di tale azione.

Infatti, per i giudici, la PA ha la facoltà di revocare la patente di guida erroneamente rilasciata. Tuttavia, in questo caso, dovrà valutare concretamente la necessità di farlo.

Per esempio, laddove si presuma che la persona che ha subito una condanna possa essere agevolata nella commissione di altri reati.

Un timore questo, che non sussiste nei riguardi di un condannato la cui patente era già stata ritirata e che, dopo 4 anni dalla condanna senza commettere reati, ne faccia nuovamente richiesta e la ottenga dopo aver espiato la pena.

La vicenda          

Nel caso di specie, il Tribunale di Torino ha accolto l’opposizione di un cittadino contro l’ordinanza della Regione Valle d’Aosta che gli aveva revocato la patente di guida.

L’opponente, però, si era visto revocare la patente già una prima volta dopo la sua condanna per i reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricettazione.

Ebbene, a seguito della condotta positiva dell’uomo, la pena detentiva comminatagli era stata dichiarata anticipatamente estinta.

Trascorsi 3 anni dalla data di notifica del procedimento di revoca, l’uomo si è recato presso gli Uffici della Motorizzazione Civile per conseguire il titolo di guida. A quel punto è stato ammesso agli esami dietro esibizione del provvedimento comprovante l’estinzione di pena.

Da qui è arrivata la seconda revoca da parte dell’Amministrazione, ciò in quanto l’uomo è stato ritenuto “privo dei requisiti morali per il conseguimento della patente di guida ai sensi dell’art 120 C.d.S.” non avendo ottenuto, a seguito della condanna, la prescritta riabilitazione. Tale circostanza è stata ritenuta erronea dal cittadino.

Il Tribunale di Torino è stato quindi chiamato a chiarire cosa si intenda per “provvedimento riabilitativo” ai sensi dell’art. 120 cit., al fine di poter nuovamente ottenere la patente di guida.

La patente di guida, infatti, non può essere conseguita dalle persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del T.U. stupefacenti.

È bene però ricordare che la norma salva gli “effetti di provvedimenti riabilitativi”, dicitura che, per il giudice, deve essere interpretata in senso più ampio.

Ciò significa che la norma deve ricomprendere al suo interno, oltre al provvedimento conseguente alla riabilitazione ex art. 179 c.p., anche quello conseguente all’esito positivo dell’affidamento al servizio sociale ex art. 47 ss. ord. pen., in senso più favorevole al condannato.

A riguardo il Tribunale cita la sentenza n. 22/2018 con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 120, comma 2, del Codice della Strada.

Nello specifico, laddove prevede l’automatica revoca della patente da parte dell’autorità amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati in materia di stupefacenti.

La Consulta ha ritenuto di dover sostituire, a tale automatismo legislativo, una valutazione discrezionale della P.A..

Sarà quest’ultima infatti a dover motivare in concreto perché ritenga necessario revocare la patente a colui che ha commesso i reati suddetti. In particolare, dovrà valutando la gravità degli stessi, il decorso di tempo dalla commissione del fatto o altre ragioni in concreto.

La dichiarazione di incostituzionalità, quindi, ha investito esclusivamente il secondo comma dell’art. 120 C.d.S. (revoca della patente al reo che ne era già in possesso al momento della condanna). Non dunque il primo, nel quale rientra il caso di specie, vale a dire la “non concessione della patente ex novo a chi ha previamente subito la condanna penale” stante la valutazione di inesistenza dei requisiti morali.

Pertanto, per il Tribunale, nel caso in esame la revoca è stata determinata da un errore della P.A. in fase di rilascio del titolo che solo dopo averlo rilasciato, si era accorta che non avrebbe dovuto farlo.

In questo caso, tuttavia, occorre rifarsi alla pronuncia della Consulta.

Le ragioni per cui non deve essere rilasciata ex novo la patente al reo, infatti, sono le medesime per le quali la patente, già in possesso del reo, gli venga revocata.

Pertanto, deve ritenersi che anche in occasione della revoca della patente di guida perché erroneamente rilasciata dalla P.A. in difetto dei requisiti morali, l’amministrazione non debba, ma “possa” non rilasciare la patente o revocarla se erroneamente rilasciata.

In questo modo si mira a evitare l’automatismo giudicato illegittimo dalla Consulta, in quanto si ritiene necessaria una valutazione dei requisiti morali.

In questo modo, il rifiuto alla concessione dovrà passare attraverso la ponderazione in concreto della necessità/opportunità di rilasciare la patente a chi ha subito la condanna.

Il tutto alla luce della ratio della norma che è quella di privare della patente di guida la persona che si presume possa essere agevolata nella commissione di altri reati, dal possesso della stessa.

Ebbene, nel caso analizzato dal Tribunale, il reo avrebbe potuto conseguire la patente, quindi non era necessario revocargliela una volta concessa (per errore della P.A.).

Inoltre, affermano i giudici, al momento della revoca erano già decorsi 4 anni e non aveva più commesso reati.

Infine, la patente di guida è necessaria al ricorrente, anche in vista del suo nuovo impiego retribuito come autista.

Circostanza che, lungi dall’agevolarlo a delinquere nuovamente, potrebbe invece assicuragli un’esistenza onesta.

 

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