Le Sezioni Unite hanno ricordato che l’art. 613 cpp ha valore generale. La parte non ha più la facoltà di ricorrere personalmente in Cassazione. E per nessun provvedimento, comprese le misure cautelari.

Quando si tratta di fare ricorso in Cassazione, è sempre necessario l’avvocato? Con la sentenza numero 8914 del 2018 le Sezioni Unite Penali hanno ricordato che il riconoscimento del diritto di impugnazione dei provvedimenti cautelari in capo all’imputato o all’indagato non esclude il rispetto delle regole generali per l’esercizio dello ius postulandi dinanzi alla Corte di cassazione dettato dal primo comma dell’articolo 613 del codice di procedura penale.

Dunque, l’art. 613 cpp ha valore generale. La parte, quindi, non può più ricorrere personalmente in Cassazione per nessun provvedimento, incluse le misure cautelari.

Questa la conclusione della sentenza in oggetto.

Per i giudici, ciò significa che il ricorso in Cassazione presuppone sempre, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione da parte di difensori iscritti nell’apposito albo speciale. Inoltre, non può mai essere proposto personalmente dalla parte.

Per i giudici, infatti, il nuovo articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, come riformato dalla legge numero 103/2017, presenta “una formulazione generale ed onnicomprensiva”.

Questa, di fatto, disciplina all’interno di una sola previsione tutte le ipotesi di ricorso per cassazione previste dal nostro ordinamento.

E questo, “senza individuare alcuno specifico provvedimento che ne possa costituire l’oggetto e senza operare alcuna distinzione fra le parti private titolari del relativo diritto di impugnazione (imputato, indagato, persona interessata, ecc.)”.

Pertanto, non si individua più nell’imputato il solo soggetto processuale che poteva proporre personalmente l’impugnazione di legittimità.

Le Sezioni Unite hanno anche evidenziato i rischi nei quali si incorrerebbe se si giungesse a una diversa interpretazione della nuova norma.

Un’interpretazione, dunque, che lasci all’imputato la facoltà di ricorrere personalmente in Cassazione avverso un provvedimento cautelare e limiti l’ambito di applicazione dell’articolo 613 al solo ricorso ordinario.

In questo modo, si rischierebbe la produzione di “effetti quanto meno disomogenei”, avvertono i giudici.

Basti considerare le implicazioni che possono derivare dal “possibile innesto di un procedimento cautelare personale all’interno del processo di merito, con la figura dell’imputato detenuto”.

Questi, “da un lato, avrebbe la facoltà di proporre personalmente ricorso avverso i provvedimenti de libertate, dall’altro lato non potrebbe impugnare con lo stesso mezzo la decisione di condanna se non con l’ausilio di un difensore abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione”.

 

 

 

 

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