Sarà in vigore dal prossimo 26 gennaio la riforma delle intercettazioni stabilita dal decreto legislativo 29 dicembre 2017. Ecco cosa prevede

Entrerà in vigore ufficialmente dal 26 gennaio prossimo (sebbene per la maggior parte delle disposizioni si dovrà attendere il prossimo 26 luglio) la riforma delle intercettazioni.

Questa è stata stabilita dal decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 8 dell’11 gennaio 2017 sulla riforma delle intercettazioni.

Il testo introduce molte novità, tutte legate al ruolo fondamentale per le indagini delle intercettazioni. Ma, al contempo, assicura maggior sicurezza e tutela della privacy.

Come? Ad esempio rafforzando il diritto di difesa, disponendo che siano tagliate le trascrizioni penalmente irrilevanti e introducendo il nuovo reato di “diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”.

Ecco cosa prevede, nel dettaglio, la riforma delle intercettazioni.

Il decreto modifica il codice penale aggiungendo il nuovo art. 617-septies che punisce il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente.

L’illecito è integrato da chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonda con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche e telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione.

La pena in questo caso è di 4 anni di reclusione. Il delitto sarà punibile a querela della persona offesa. Tuttavia, la punibilità sarà esclusa se la diffusione delle riprese derivi in via diretta dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario. Oppure, per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.

Nell’ambito della riforma delle intercettazioni, c’è un’altra novità.

L’art. 114 del codice di procedura penale vieta la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto. Questo fino a che non siano concluse le indagini preliminari. Ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.

La riforma, tuttavia, introduce un’eccezione. Questa riguarda l’ordinanza cautelare di cui all’art. 292 c.p.p. e consente alla stampa di accedere al provvedimento depositato una volta che le parti ne abbiano avuto copia.

Novità anche per gli avvocati. Per garantire maggior tutela alla riservatezza delle comunicazioni con il proprio difensore, il d.l. modifica altresì l’art. 103 c.p.p..

Le modifiche rafforzano il già previsto divieto di attività diretta di intercettazione, con la conseguente inutilizzabilità delle acquisizioni. Inoltre, stabiliscono che quando le comunicazioni e le conversazioni sono intercettate, il loro contenuto non potrà essere trascritto, neanche sommariamente.

Oltre a ciò, nel verbale delle operazioni saranno indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.

I difensori, inoltre, potranno accedere all’archivio riservato in cui confluiranno tutte le comunicazioni intercettate, ed esaminare il materiale intercettato, una volta depositato, nel termine di dieci giorni (non più cinque).

Il tutto con possibilità che il termine sia prorogato dal giudice, per un periodo non superiore a dieci giorni.

Il testo della riforma delle intercettazioni, introduce, inoltre, il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini. Questo vale sia per l’oggetto che per i soggetti coinvolti, nonché di quelle parimenti non rilevanti che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge.

Resta salva la facoltà del P.M. di disporre con decreto motivato che tali comunicazioni e conversazioni siano trascritte nel verbale, se ritenute rilevanti per i fatti oggetto di prova. Lo stesso potrà avvenire per le comunicazioni e le conversazioni relative a dati personali sensibili necessarie ai fini di prova.

Sul deposito di verbali e registrazioni e alla selezione del materiale rilevante, il decreto introduce una disciplina strutturata in due fasi.

Il nuovo art. 268-bis c.p.p. stabilisce le modalità e i termini del deposito delle conversazioni e comunicazioni, unitamente ai relativi atti.

Solo successivamente si procederà all’acquisizione al fascicolo delle indagini di quelle rilevanti e utilizzabili, stralciando le altre. Queste confluiranno nell’archivio riservato.

In esso, saranno custoditi le annotazioni, i verbali, gli atti e le registrazioni delle intercettazioni a cui afferiscono.

La gestione e la custodia dell’archivio saranno affidate al P.M. e ai difensori e al giudice sarà consentito esaminare gli atti e prendere visione dell’elenco (ma non di estrarne copia). Inoltre, potrà ascoltare le registrazioni e prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, fino al momento di conclusione della procedura di acquisizione.

Una particolare attenzione è riservata poi alla disciplina delle intercettazioni mediante l’inserimento di un trojan horse nei dispositivi elettronici portatili.

Su tale punto, il decreto autorizzativo dovrà essere particolarmente puntuale e indicare i limiti di tempo e luogo. Oltre alle ragioni che rendono necessaria l’adozione di tale modalità per lo svolgimento delle indagini.

Tali dispositivi, dunque, non potranno essere mantenuti attivi senza limiti di tempo o spazio. Questo poiché è  invece necessaria l’attivazione da remoto in base a quanto previsto dal P.M. nel proprio programma d’indagini.

Si dovrà procedere a disattivarli laddove la captazione avvenga in ambiente domiciliare, a meno che non sia dimostrato che il tale ambiente si stia svolgendo l’attività criminosa oggetto dell’indagine.

Oppure, laddove l’indagine stessa riguardi delitti più gravi, tra i quali mafia e terrorismo.

In relazione ai procedimenti per i più gravi reati commessi dai pubblici ufficiali contro la PA, il decreto introduce altre novità.

Si tratta di un ampliamento della sfera di operatività delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche, con modalità autorizzative sottoposte a presupposti meno restrittivi di quelli attuali.

Ciò in quanto viene imposta a tali procedimento l’applicazione dell’art. 13 D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

Ne consegue che, tra le tante novità, le autorizzazioni saranno concesse quando appaiano necessarie in presenza di sufficienti (e non gravi) indizi di reato. Il tutto per lo svolgimento delle indagini (non per la prosecuzione delle stesse).

Con l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni, tuttavia, saranno pienamente vigenti solo due dei numerosi aspetti coinvolti dall’intervento legislativo.

Vale a dire, in primis, l’introduzione della nuova fattispecie di reato. Si tratta di “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”. E poi, le “Disposizioni per la semplificazione delle condizioni per l’impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”.

Inoltre, la maggioranza delle disposizioni si applicheranno alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il giorno 180 successivo alla data di entrata in vigore del decreto.

La disposizione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), infine, acquisterà efficacia decorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

 

 

 

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