Scelte chirurgiche ritenute censurabili (Tribunale Busto Arsizio, sez. III, 23/02/2023, n.253).

I congiunti del paziente deceduto citano a giudizio l’ASST della Valle Olona, esponendo la seguente vicenda sanitaria:

  • nel mese di agosto 2001, già sottoposto nel 1972 ad intervento di gastroresecazione, a causa di ulcera perforata, era stato ricoverato presso il Reparto di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera di Gallarate per emorragia digestiva da ulcera del moncone gastrico;
  • il 12/11/2001, stante la comparsa di melena, il paziente si era rivolto al Pronto Soccorso del medesimo nosocomio, ove era stato ricoverato nel Reparto di Gastroenterologia;
  • a seguito degli esami ematochimici e degli accertamenti svolti, era stato sottoposto ad intervento chirurgico d’urgenza di isolamento dello stomaco e dell’anastomosi digiunale, con conseguente degastro entero resezione e confezionamento di gastro digiuno anastomosi e digiuno digiuno anastomosi;
  • in data 24/11/2001 il paziente era stato nuovamente operato per comparsa di peritonite diffusa, imputata alla fuoriuscita di abbondante materiale enterico duodenale da necrosi ischemica di circa 4-5 cm di duodeno; i chirurghi avevano, quindi, provveduto alla ‘sutura del duodeno in prossimità del Treitz in duplice strato e del III duodeno con TA, punti di rinforzo e confezionamento di anastomosi tra ansa digiunale media e II duodeno latero-laterale con posizionamento di Foley trans-anastomotico’;
  • successivamente, era stato sottoposto ad ulteriori revisioni chirurgiche e ad altri interventi per cercare di ovviare a ripetute deiscenze anastomotiche e alla comparsa di plurime fistolizzazioni enteriche, che lo avevano costretto ad un prolungato ricovero;
  • in data 6/8/2002 il paziente era stato dimesso dal nosocomio di Gallarate, ma era stato costretto a farvi rientro per infezione da catetere venoso centrale con un quadro di setticemia, che aveva reso necessari plurimi ricoveri;
  • in data 26/3/2003 il paziente era stato trasferito presso il Reparto di Chirurgia dell’Ospedale di Varese, ove era stato posto in essere un tentativo di ricanalizzazione per permettere al paziente una normale alimentazione, ma purtroppo, in data 18/6/2003, il peggioramento delle sue condizioni cliniche ne aveva provocato il decesso.

Ciò posto, viene censurato il comportamento dell’Azienda Sanitaria, sia in ordine alla terapia farmacologica somministrata, in quanto se il paziente fosse stato adeguatamente trattato fin da subito con farmaci inibitori della pompa protonica non sarebbe stato necessario il primo intervento, sia per quanto concerne le scelte chirurgiche adottate, ritenute censurabili sotto diversi aspetti.

L’ATP precedente il giudizio di merito aveva ravvisato tre aspetti censurabili nell’operato dei sanitari:

  • la peculiare tecnica chirurgica adottata nell’intervento del 14/11/2001 (ricostruzione su ansa a omega tipo Balfour rispetto ad un’ansa esclusa)
  • il ritardo nella diagnosi della complicanza necrotica successivamente insorta
  • l’errata valutazione della vascolarizzazione dell’ansa afferente nel corso del successivo intervento del 24/11/2001.

Il Tribunale rammenta, quanto al danno fatto valere iure hereditatis, che, una volta invocata la responsabilità contrattuale (che legava il de cuius alla struttura sanitaria convenuta), parte attrice deve dimostrare l’esistenza del contratto, l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento o delle terapie o, ancora, delle mancate cure) e il relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico della struttura obbligata la prova che non vi è stato inadempimento o che lo stesso non è stato eziologicamente rilevante.

Diversamente, con riguardo ai danni iure proprio, grava sui congiunti del paziente l’onere di provare innanzitutto il fatto illecito, ossia la condotta dell’ospedale, il nesso causale tra essa e l’evento dannoso (il decesso), nonché l’esistenza di una colpa in capo alla struttura medica e, infine, il danno consequenziale all’evento, ascrivibile alla categoria del c.d. danno da perdita del rapporto parentale.

Ebbene, la Consulenza tecnica espletata in sede di ATP viene condivisa dal Tribunale, così come integrata dalla nota di chiarimenti depositata nel giudizio di merito, avendo consentito di accertare profili di responsabilità sanitaria per colpa in capo ai sanitari della struttura convenuta.

In particolare: “l’indicazione all’intervento chirurgico del 14/11/2001 fu corretta sia per il timing che per la tecnica adottata (decisione di eseguire una resezione gastrica) in quanto la terapia farmacologica, così come i due tentativi di emostasi endoscopica avevano scarse possibilità di controllo dell’emorragia nel caso di specie;  tuttavia, la ricostruzione su ansa ad omega (tipo Balfour) rispetto ad un’ansa esclusa fu un errore chirurgico, che, con ogni probabilità, determinò una eccessiva scheletrizzazione della prima ansa digiunale in immediata prossimità del Treitz; la conseguente necrosi duodenale fu riconosciuta dai sanitari tardivamente, in quanto, nonostante si fosse verificato un decorso post-chirurgico non regolare, non misero in atto nessun accertamento strumentale fino all’insorgenza di uno stato di peritonite diffusa, allorquando si verificò la fuoriuscita di materiale enterico dalla ferita chirurgica;  il successivo intervento chirurgico del 24/11/2001 fu gravato da un errore tecnico consistito nel non aver adeguatamente valutato la vascolarizzazione dell’ansa afferente, che perciò andò incontro a inevitabile fistolizzazione;  le plurime complicanze insorte determinarono il decesso del paziente“.

La successiva integrazione ha, inoltre, permesso di appurare che laddove l’intervento del 14/11/2001 fosse stato eseguito successivamente e la complicanza insorta fosse stata tempestivamente diagnosticata e correttamente trattata, l’evento morte avrebbe potuto essere evitato con una probabilità non inferiore al 70%.

Peraltro, i CTU, in replica alle osservazioni dei CTP, hanno ribadito la sussistenza del nesso di causa: non vi è dubbio che la necrosi duodenale sia stata conseguenza dell’intervento chirurgico e non vi è dubbio che i fattori vascolari citati a motivazione della necrosi del duodeno-ansa afferente sono sempre valide in caso di degastroresezione”.

Ebbene, sulla scorta di quanto affermato dai CTU viene affermato, secondo il criterio di preponderanza dell’evidenza, che la necrosi del duodeno, con tutto ciò che ne è conseguito fino all’exitus, sia ascrivibile alle modalità di esecuzione dell’intervento eseguito presso la struttura sanitaria convenuta.

Il risarcimento danni

Venendo al risarcimento del danno, il Tribunale svolge i relativi calcoli in via differenziale, considerato che il paziente, anche nel caso in cui l’intervento chirurgico fosse stato eseguito correttamente e il successivo decorso fosse stato regolare, avrebbe patito comunque un danno da invalidità temporanea, non imputabile ai sanitari.

Viene liquidato l’importo di 44.302,50 euro (€54.697,50 – €10.395,00).

Sul danno da perdita del rapporto parentale il Tribunale applica il valore punto delle tabelle milanesi, liquidando oltre un milione di euro.

Avv. Emanuela Foligno

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