Il dovere di fermarsi sul luogo del sinistro deve perdurare per tutto il tempo necessario ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto (Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 36794 del 16 dicembre 2020)

La Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia del Tribunale di Palermo che condannava l’automobilista alla pena 5 mesi e giorni 10 di reclusione, in relazione ai reati di omissione di soccorso e fuga. Nello specifico, l’imputazione riguardava il mancato rispetto dell’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza in occasione del sinistro stradale in cui veniva investita la bicicletta che cadeva a terra e causava al ciclista trauma al rachide dorsale e trauma al polpaccio sinistro.

La Corte palermitana confermava la responsabilità penale dell’automobilista ritenendo che lo stesso, pur fermatosi momentaneamente dopo l’urto, si allontanava senza lasciare le proprie generalità e senza preoccuparsi delle condizioni del ciclista che rimaneva a terra e che solo grazie all’aiuto di un passante veniva annotata la targa dell’autovettura.

L’automobilista ricorre in Cassazione, ma le doglianze vengono ritenute integralmente infondate.

La Suprema Corte ribadisce che le asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso all’imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione è sorretta da un percorso motivazionale che risulta esteso a tutti gli elementi offerti dal processo.

Infatti, il Giudice territoriale non ha mancato di richiamare espressamente gli elementi acquisiti a carico dell’imputato vagliando con argomentazioni logiche e coerenti la attendibilità della versione della persona offesa.

“In tema di circolazione stradale, l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 6 (punito solo a titolo di dolo) ricorre quando l’utente della strada, al verificarsi di un incidente – idoneo a recar danno alle persone e riconducibile al proprio comportamento – ometta di fermarsi per prestare eventuale soccorso, non necessario per contro essendo che il soggetto agente abbia in concreto constatato il danno provocato alla vittima” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 4, Sentenza n. 7615 del 10/11/2004 Ud. – dep. 01/03/2005).

Ed ancora, “ai fini della configurabilità del reato di fuga, quanto all’elemento psicologico, pur essendo richiesto il dolo, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007 – dep. 06/09/2007- ; conf: Sez. 4 n. 21445 del 10/04/2006 – dep. 21/06/2006 -; Sez. 4, n. 8103 del 10/01/2003 – dep. 19/02/2003).

A causa dello scontro tra l’autovettura e la bicicletta il ciclista era dolorante e rimaneva a terra per il trauma al rachide dorsale: ciò imponeva all’imputato l’obbligo di fermarsi e di verificarne le condizioni di salute.

Ebbene, nel reato di fuga,  l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze concretamente rappresentate e percepite a quel momento.

Inoltre, il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve perdurare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto.

Riguardo all’esistenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131- bis c.p., invocati dal ricorrente, il Collegio osserva che non possono essere presi in esame in sede di legittimità poiché attinenti  al giudizio di merito.

Ad ogni modo, il Giudice d’appello ha fornito esplicita motivazione alla richiesta di applicazione dell’art. 131 bis c.p., ricostruendo ed analizzando il comportamento illecito sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e ha escluso che l’offesa del bene giuridico protetto possa essere qualificata di particolare tenuità.

Il ricorso viene rigettato e l’automobilista viene condannato al pagamento delle spese di giudizio e al pagamento dell’ammenda di euro 3.000,00.

Avv. Emanuela Foligno

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