Rimborso Tari a rischio se la bolletta ‘gonfiata’ è stata saldata in seguito ad accertamento, con rottamazione o meno. Oltre al danno anche la beffa.

Dunque, oltre al danno, anche la beffa nel caos innescato dal calcolo errato per la tassa sui rifiuti. E’ quanto spiega all’Adnkronos l’avvocato tributarista Franco Muratori.
“Il contribuente che ha regolato il pagamento della Tari a seguito di un accertamento non può fare nulla per ottenere quello che ha eventualmente versato illegittimamente”.
Questo “perché in base alla legge lo scadere del termine di 60 giorni cristallizza la cifra impositiva”.
Ciò vale anche con la recente rottamazione, visto che presuppone un accertamento.
“L’unica strada da percorrere è l’autotutela”, continua il legale. “Ma in genere le richieste di questo tipo all’Ente interessato non hanno alcun seguito. In particolare nel caso degli accertamenti, non credo che un Ente che ha diritto a quella somma per effetto della cristallizzazione delle pretesa impositiva la restituisca”.

Scandalo Tari, tutto prevedibile

E sullo scandalo Tari l’avvocato osserva che era “tutto prevedibile, se non previsto. Lo dicevano tutti da anni, ma in tanti non presentavano ricorso perché sarebbe costato più di un eventuale rimborso della cifra dovuta”.
Cifre illegittimamente versate ai Comuni per lo smaltimento dei rifiuti che l’avvocato a occhio e croce, nella gran parte dei casi, quantifica in una forchetta compresa “tra i 100 e i 1.000 euro”.
“La legge nazionale non era ambigua, era sotto gli occhi di tutti che la norma veniva applicata in modo non congruo. Ma le segnalazioni non avevano seguito.
Oggi, grazie ad un’interrogazione parlamentare, il caso è andato alla ribalta della cronaca e ci saranno una valanga di richieste di rimborso.
Ma tra l’alea dell’azione giudiziaria e il fatto che sugli accertamenti non si può fare nulla, non credo che i rimborsi saranno significativi e comunque non tali da mandare in default i Comuni”.
La bolletta Tari “è in generale poco trasparente e spesso risulta impossibile capire come l’ente abbia calcolato la tassa dovuta”.
Da qui “la necessità di rivolgersi alle associazioni dei consumatori o al proprio commercialista per essere sicuri che pertinenze o non pertinenze la tassa sia stata calcolata correttamente”, spiega Muratori.

Chi rileva errori cosa deve fare?

“Il ricorso per restituzione al Comune in prima battuta è inammissibile.
La prima cosa da fare è presentare una richiesta formale al Comune, se gestisce la tassa direttamente, o alla società che smaltisce i rifiuti.
Secondo, in assenza di risposta entro i tempi dovuti, si può presentare il ricorso.
Nella migliore delle ipotesi si potrà vedere soddisfatte le proprie richieste dopo un anno e mezzo o anche due – conclude – sempre che non si vada in appello”.
 
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