Può essere applicata l’attenuante della minore gravità anche agli atti sessuali con minore dopo effettiva valutazione del caso concreto

“La circostanza attenuante della minore gravità nel reato di violenza sessuale non può essere negata per il solo fatto della tenera età della persona offesa (nella specie infradecenne), essendo necessari a tal fine elementi di disvalore aggiuntivo sulla base dei criteri delineati dall’art. 133, comma primo, cod. pen.” (Sez. III, 26.1.2010, n. 11085, D.S., m. 246439) “in quanto, seppure gli atti sessuali commessi in danno di bambini in tenera età sono reati da considerare gravi per le ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, non può escludersi che, per le circostanze concrete del fatto, tale delitto possa manifestare una minore lesività” (Sez. III, 10.5.2006, n. 22036, Celante, m. 234640).

È quanto ha, di recente, affermato la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen. 45179/13) che richiamando la giurisprudenza maggioritaria ha osservato che, sebbene la minore gravità del fatto può ravvisarsi in presenza di una più lieve compromissione della libertà sessuale della vittima e dello sviluppo del minore, resta fermo che essa è il risultato di una valutazione che deve tenere conto di tutte le componenti del reato, oggettive e soggettive, nonché degli elementi indicati nell’art. 133 (Sez. III, 1.7.99, Scacchi; Sez. III, 3.10.06, m. 235031).

Più in particolare si è detto che nell’utilizzare i parametri di cui all’art. 133 c.p., si deve avere riguardo solo agli elementi di cui al primo comma in quanto, quelli del secondo comma, possono essere impiegati solo per la commisurazione complessiva della pena (Sez. IV, 4.5.07, m. 235730; si veda anche Cass., Sez. III, 15 giugno 2010 n. 27272; Cass., Sez. IV, 4 maggio 2007, n. 22520).

E tale lettura interpretativa appare più convincente perché più coerente con la ratio dell’attenuante in esame, la quale dev’essere valutata con riferimento al danno cagionato alla persona offesa e, quindi, con precipua attenzione alle modalità oggettive del fatto incriminato, mentre la personalità del reo e i profili soggettivi della vicenda potranno essere valutati ai fini della concessione delle attenuanti generiche della dosimetria della pena.

Invero, – aggiungono i giudici della Suprema Corte – poiché l’attenuante in discussione non risponde ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza del reo, ma concerne la minore lesività del fatto in concreto rapportata al bene giuridico tutelato, assumono particolare importanza: la qualità dell’atto compiuto (più che la quantità di violenza fisica), il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni (fisiche e mentali) di quest’ultima, le caratteristiche psicologiche (valutate in relazione all’età), l’entità della compressione della libertà sessuale ed il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Sez. III, 29.2.00, Prillo della Rotonda; Sez. III, 24.3.00, Improta).

Nel caso di specie, la Cassazione, nel ribadire i principi enucleati dall’elaborazione giurisprudenziale ormai piuttosto uniforme in materia, ha evidenziato che i giudici di merito, nel respingere la richiesta di riconoscimento dell’attenuante, formulata dall’imputato, un uomo sessantenne già condannato per aver consumato rapporti sessuali completi con una tredicenne consenziente, con la quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale, hanno focalizzato la loro attenzione soltanto su uno dei molteplici aspetti da prendere in considerazione; per di più, senza nemmeno dare prova di avere ancorato il proprio asserto su emergenze specifiche (sì che l’assunto si propone quasi come un’affermazione di principio frutto di mera supposizione). In particolare, la sentenza impugnata aveva focalizzato la propria attenzione sulla esistenza degli elementi che caratterizzano la fattispecie criminosa (età e atto sessuale), ritenendoli incompatibili con la specificata circostanza, senza considerare e valutare gli ulteriori e attenuativi aspetti della vicenda prospettati dalla difesa, quali il “consenso”, l’esistenza di un rapporto amoroso, l’assenza di costrizione fisica, l’innamoramento della ragazza. Manca poi la motivazione sulle ragioni per cui gli elementi addotti dalla difesa non possano qualificare la “minore gravità”; nonché in ordine alla c.d. entità della compressione della libertà sessuale e al danno arrecato alla minore.

 

Avv. Sabrina Caporale

 

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