Dal 1° gennaio 2016 entra in vigore anche in Italia la direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) che regolamenta a livello comunitario le crisi bancarie.

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È il «bail-in», ovvero il salvataggio delle banche dall’interno, per distinguerlo dal «bail-out», che comporta invece un intervento esterno, con fondi pubblici. Darà luogo ad un cambiamento culturale nel senso che fino ad oggi non si immaginava (seppur sbagliando), di poter perdere i soldi investiti in banca. Con il «bail-in», invece, questo potrà succedere.

Per questo, senza allarmismi, saranno necessarie consapevolezza e informazioni sempre maggiori e puntuali. Voluta nel giugno 2013, nei giorni della crisi di Cipro e delle sue banche, introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche. Tramite il «bail-in» si svalutano azioni e crediti e li si converte in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà (o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali).

Dal bail-in sono escluse alcune passività: – i depositi di importo fino a 100mila euro (protetti dal sistema di garanzia dei depositi); – passività garantite come «covered bonds» e altri strumenti garantiti; – passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito); – passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni; – passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni; – debiti verso dipendenti, debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.

Quali sono i rischi per risparmiatori e depositanti? Il «bail in» si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. La gerarchia è la seguente: azioni e strumenti di Capitale, titoli subordinati, obbligazioni ed altre passività ammissibili, deposito oltre 100.000 euro di persone fisiche e Pmi, domande ricorrenti «bail in» in conti cointestati.

Come si applica il «bail» in sui conti cointestati? Se il conto è cointestato e ha una giacenza maggiore di 100mila euro, la parte eccedente rischia di capitale nella fattispecie dei «bail in»? La riposta è no: il limite di 100mila, lo dice il Fondo di Garanzia Interbancaria, è per depositante e non per deposito. «Bail In»: Il dossier titoli rientra? In caso di dissesto bancario e conseguente «bail in» nel conteggio dei 100mila euro rientrano anche i titoli a dossier? No, i titoli non vengono conteggiati: dal «bail in» sono escluse le attività oggetto di una relazione fiduciaria. Ossia i titoli detenuti in un conto apposito.

«Bail in sulle cassette di sicurezza». Se un correntista ha dei beni di valore (oro, gioielli, orologi o beni di collezione) nelle cassette di sicurezza rischia la loro proprietà? No, anche queste attività non vengono considerate nel «bail in» visto che dalla normative sono escluse le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (quindi proprio il contenuto delle cassette di sicurezza).

Pierluigi Di Teodoro

Analisi e perizie sui contratti di conto corrente, mutuo, leasing e finanziamenti

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